Api a rischio, e noi con loro
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5 anni fa
Sono responsabili del 70% dell’impollinazione: cosa accadrebbe se si estinguessero?
È sufficiente un breve ripasso di una lezione di scienze delle scuole elementari per ricordarci che le api, per quanto minuscole, rivestono un ruolo fondamentale per la vita sul pianeta e per l’uomo. Le api, infatti, sono responsabili dell'impollinazione della maggior parte delle piante con fiore e il loro lavoro garantisce circa il 35% della produzione globale di cibo. Eppure sembra che l’uomo abbia grosse difficoltà nel tutelarle in maniera adeguata.
UNA SPECIE IN PERICOLO
Nel libro In cerca delle api: viaggio dall’alveare all’ecosistema Francesco Nazzi, professore associato all’Università di Udine dove insegna Zoologia, Apidologia e apicoltura, intraprende un approfondito viaggio alla scoperta di questi meravigliosi animali. Dal loro linguaggio ai rischi che corrono in questo momento storico.
Nazzi si occupa di biologia delle api e dei problemi di salute di questi insetti impollinatori ed è impegnato nel diffondere consapevolezza sul legame profondo tra api e vita sul pianeta. «Quando parliamo di api – ci spiega Nazzi – intendiamo un nutrito gruppo di imenotteri, strettamente legati alle piante da cui ricavano nutrimento, che comprende circa ventimila specie nel mondo. Tra di esse, per la diffusione e l’importanza per l’apicoltura, la specie Apis Mellifera (ape domestica) ha un ruolo di primo piano.
Da tempo, in molti paesi, si assiste a una rarefazione delle specie di api selvatiche, mentre il numero di colonie di api domestiche è in diminuzione. In Italia, le specie di api selvatiche sono quasi un migliaio. Purtroppo, uno studio recente ha riscontrato che un quinto circa delle specie prese in considerazione è a rischio di estinzione o prossimo ad esso. Per quel che riguarda l’ape domestica la situazione è solo apparentemente mi gliore: in Italia ci sono circa un milione e mezzo di alveari. Questo numero rimane tale solo perché ogni anno i molti alveari, che vengono perduti per varie cause, sono rimpiazzati dagli apicoltori con non pochi sforzi».
COSA MINACCIA LE API?
Il professor Nazzi continua, ricordando quali sono i fattori di minaccia: «La drammatica trasformazione del paesaggio agrario degli ultimi decenni è sicuramente uno dei più importanti. Il passaggio all’agricoltura intensiva e la conseguente riduzione delle siepi, delle strade interpoderali, dei margini inerbiti e dei pochi boschi superstiti, ha causato una carenza di pascoli per tutti gli insetti che si nutrono del nettare e del polline delle piante selvatiche.
L’agricoltura intensiva, d’altro canto, comporta anche un massiccio uso di pesticidi che sono spesso nocivi per le api. Ma un ruolo di primo piano giocano senz’altro parassiti e patogeni che causano malattie spesso letali.
Ad esempio, da circa quarant’anni si è insediato in Italia un acaro parassita delle api domestiche che si nutre del loro sangue (emolinfa) trasmettendo un pericoloso virus patogeno. Insieme, acaro e virus possono causare la morte dell’intera colonia di api nel giro di una stagione. Infine, vi sono altre cause tra cui, ad esempio, il cambiamento climatico che può determinare condizioni avverse per le api o sfasare i cicli delle piante e quelli degli insetti che da esse dipendono».
APICOLTURA: UN AIUTO RECIPROCO
Un quadro ben poco rassicurante. Eppure, fortunatamente, come le api sono indispensabili per l’uomo, anche l’uomo può essere importante per le api. «Penso che un certo tipo di apicoltura – continua Nazzi – possa essere considerato una specie di paradigma virtuoso del rapporto uomo-natura.
Infatti, l’apicoltore responsabile si limita a sottrarre alle api il surplus di miele che esse hanno prodotto a causa dell’assistenza ricevuta dall’uomo sotto forma di un riparo, della protezione dai parassiti, del sostentamento in periodi di magra.
E mentre si svolge, questo allevamento comporta, come effetto collaterale, l’arricchimento della flora circostante attraverso l’impollinazione. Dunque un’attività che, se esercitata con coscienza, non toglie alla natura ma, anzi, l’aiuta. Purtroppo però esistono anche forme di apicoltura che sono tutt’altro che sostenibili. Si pensi, ad esempio, a ciò che accade ogni anno in California, dove agli inizi della primavera vengono trasportati due milioni di alveari opportunamente preparati per l’impollinazione dei mandorli.
Qui le api lavorano incessantemente mentre imperversano i trattamenti chimici che le falcidiano. Gli alveari superstiti, vengono trasferiti in Florida dove trascorrono l’inverno prima di ripartire per l’Ovest. Sta a noi scegliere fra queste due alternative».
ACQUISTA CONSAPEVOLE, SALVA LE API
Nel suo libro, infine, Nazzi offre dei suggerimenti per salvaguardare questi piccoli e importanti insetti. Una specie di decalogo che va dalla gestione del proprio giardino fino alla richiesta di azioni consone alla propria amministrazione civica.
Tuttavia un punto fondamentale, ricorda il professore, passa attraverso gli acquisti consapevoli: «Di fatto, l’agricoltura si muove in una certa direzione che può essere nociva per le api perché i consumatori non apprezzano ancora la differenza fra un prodotto ottenuto nel rispetto dell’ambiente e un prodotto convenzionale».