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Allarme, non abbiamo più voglia di cucinare! O forse no

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto dal libro "Mangia Bene, Lavora Meglio" di Myriam Sabolla

Ho la partita IVA da dieci anni e ho quasi sempre avuto il mio ufficio in casa: negli ultimi tempi la maggior parte di noi è diventata home worker, e se lavorare da casa per me è fantastico, quasi tutti ormai ne conosciamo i lati negativi.

Nei mesi della pandemia da COVID-19 siamo diventati «lavoratori atipici». Le nostre giornate si sono trasformate in un continuo saltellare multitasking, tra to-do list, mail e telefonate.

Stai leggendo un estratto da questo libro:

Una vita lavorativa costellata di moke gorgoglianti e caffè dimenticati, bevuti freddi tre ore dopo; di pranzi arrangiati alla bell’e meglio e illuminati dalla luce blu di uno schermo; di crisi di panico alle otto di sera, dopo aver lavorato tutto il giorno, davanti a un frigo vuoto e alla necessità di nutrire se stessi - e magari anche la propria famiglia - per cena.

Articoli di giornale, programmi TV e dirette su Instagram ci hanno spiegato quanto sia importante non lavorare in pigiama, avere una routine che preveda un po’ di esercizio fisico, ma pochi si sono presi la premura di spiegarci che dobbiamo dare una dignità anche ai nostri pasti. Ma perché non riusciamo più a mangiare come si deve?

La retorica prevalente sui media, prima del 2020, recitava il copione secondo cui il declino culinario della nazione era una strada a senso unico dettata da sciatteria e pigrizia. «Addio ai fornelli, gli italiani non hanno più voglia di cucinare»; «Le ragazze italiane non sanno più cucinare» (sic!) «Gli italiani perdono la passione per la cucina»; «Italiani: stakanovisti e con poco tempo (e voglia) di cucinare».

Questi titoli a effetto si riferiscono a studi e indagini statistiche che dimostrano in maniera inconfutabile una sola cosa: il tempo che passiamo ogni giorno ai fornelli è diminuito. Attualmente la media è di 37 minuti al giorno.

Ma è vero che, oltre ad avere evidentemente meno tempo, abbiamo meno voglia, meno passione, meno capacità? Cosa possiamo o non possiamo cucinare in 37 minuti? E tanto o è poco tempo? L’assalto agli scaffali di farina, burro, uova e lievito di birra durante il lockdown di marzo e aprile 2020 ha raccontato un’altra storia.

Anche uno studio precedente alla pandemia di COVID-19, realizzato dal Censis e commissionato da Casa Artusi, sembra dimostrare in realtà che la nostra passione per la cucina non si è mai spenta. Da questa ricerca emerge che il 78,9% degli italiani sa cucinare, e che di questi il 36,7% lo vive come «divertimento o relax» e il 16,2% come «necessità piacevole», senza troppe differenze tra uomini e donne. Il restante 26% affronta questo compito come un lavoro gravoso. C’è naturalmente qualche differenza tra Nord e Sud, e ancora più significative discrepanze tra grandi e piccoli centri.

Certo, nei nostri carrelli finiscono anche cibi pronti e il delivery non è mai stato così utilizzato: ma dai dati sembra che queste tendenze convivano pacificamente con l'abitudine di preparare i nostri pranzi e cene a casa, e soprattutto con una modalità di consumo conviviale dei nostri pasti.

D’altra parte, mai come oggi stiamo attenti a quello che mangiamo: vogliamo cibo buono, che soddisfi il palato e allo stesso tempo ci faccia stare bene, meglio ancora se sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. Secondo l’ultimo Rapporto Coop compriamo sempre più prodotti biologici, a filiera corta, protetti da marchi DOP e IGP, ma anche superfood e prodotti integrali. Insomma, non abbiamo dimenticato che il nostro benessere, e la nostra felicità, passano anche per quello che mettiamo nel piatto.

Siamo sicuri, allora, che quella che ci manca sia davvero la voglia di cucinare? Nel mio lavoro di food mentor e professional organizer ho potuto constatare che molto più spesso mancano tempo, spazi adeguati, organizzazione ed esperienza. E i mesi di duro lockdown a marzo e aprile 2020 hanno appunto confermato quest’idea: come accennato, i supermercati sono stati praticamente saccheggiati, e abbiamo riempito le lunghe giornate casalinghe a suon di pane, pizza, pasta fatta in casa, dolci e tutte quelle ricette che «nella vita di prima» non avremmo mai avuto il tempo materiale di realizzare. A testimoniarlo, le tante foto sui social e il fiorire di meme sul tema.

Da una parte, quindi, veniamo bombardati di contenuti a tema food in ogni formato e su ogni canale, dai palinsesti televisivi alle foto di Instagram. Questo crea aspettative spesso irrealizzabili e può sfiduciare i cuochi meno sicuri di sé.

Dall’altra, ci sono le nostre vite frenetiche, in cui ci troviamo a dover conciliare lavoro, famiglia, tempo per noi.

Il mio obiettivo è far capire che, anche se si ha poco tempo a disposizione, se non si è mai cucinato, se si conoscono poche ricette o se le foto sui blog e libri di cucina ci fanno sentire inadeguati, si può cucinare con gioia e soddisfazione.

Nella mia esperienza, organizzazione, creatività e felicità in cucina vanno a braccetto: questo è il mio approccio e voglio condividerlo sia con i cuochi alle prime armi che con quelli più appassionati. Possiamo mangiare bene tutti i giorni, trasformando un dovere in un piacere. E, quando arriverai alla fine di questo libro, sarai tu a decidere se il tempo a tua disposizione per cucinare è poco, tanto o giusto. E soprattutto a capire come organizzarlo al meglio.

Spero che leggendo questo libro ti sentirai più a tuo agio in cucina perché non dovrai dimostrare a nessuno la tua bravura o voglia di cucinare: qui non ci sono esami finali né votazioni, ma solo la propria soddisfazione a fare da metro di giudizio dello stare in cucina.

Ho una formazione specifica e una passione per la cucina vegetale: il mio obiettivo è quello di rispettare le persone, le tradizioni e l’ambiente, e per questo motivo, nella parte delle ricette del libro, troverai solo preparazioni senza derivati animali. E una cucina inclusiva, alla portata di ogni persona, pensata per farci stare bene sotto tutti i punti di vista.

Cucinare è un atto d’amore, in primis verso noi stessi, poi nei confronti degli altri e non da ultimo verso il pianeta in cui viviamo. Può diventare uno straordinario momento di consapevolezza, e una parte importante di una vita più felice.


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