Accogliere la vita
Pubblicato
3 anni fa
Leggi un estratto di "Il Villaggio dei Monaci Senza Tempo" libro di Corrado Debiasi
La mattina seguente mi svegliai molto presto, mentre i primi raggi di sole, entrando dalla finestra, illuminavano tutto l'ambiente circostante.
Al mio arrivo, a causa della semioscurità, non avevo capito dove soggiornavo; con la luce fu tutto più chiaro. Stavo in una piccola stanza arredata in modo semplice: un letto, un comodino e un piccolo armadio. Nulla di più.
Mi accorsi, guardandomi intorno, che era costruita con mattoni d'argilla, mentre il tetto era di spessa paglia disposta ordinatamente. Queste abitazioni erano assai comuni nei piccoli villaggi rurali dell'India. Le comodità occidentali, che fino a qualche giorno prima erano per me normale prassi, qui erano quasi del tutto scomparse.
Mentalmente ringraziai l'universo per l'ospitalità che avevo ricevuto.
Appena vestito, uscii dalla stanza. L'ambiente era molto umile, i mobili che vedevo in giro erano di legno e lavorati tutti a mano. Cercai il bagno e, non trovandolo, mi venne in mente che probabilmente si trovava all'esterno.
All'aperto, girai l'angolo e improvvisamente mi ritrovai in mezzo a un gruppetto di animali, tra cui mucche, vitelli, capre e galline, un po' ovunque. Facendomi largo, arrivai al bagno e, dopo qualche accorgimento, riuscii a rinfrescarmi. Concluso il tutto, rientrai.
Nessun altro si era ancora svegliato. Decisi che era il momento giusto per il mio sadhana, e iniziai a meditare in quella cameretta semplice e umile. Trascorse un'ora; tutta la casa era ormai illuminata dalla luce del giorno e un buon profumo d'incenso pervadeva l'ambiente circostante.
Tornato in sala, vidi Kabir venirmi subito incontro. Mi presentò il suo maestro, Sandeep, e la sua consorte. Rupi. Mi presentai a mia volta e, salutandoli con un namasté, ringraziai entrambi per l'ospitalità, scusandomi per il disturbo arrecato la notte prima al mio arrivo.
Sandeep sorrise e mi abbracciò senza dire nulla. Mi sentii avvolto da uno strano calore che man mano si trasformava in un grande senso di pace, era una sensazione bellissima. Il mio cuore si alleggerì.
«Un abbraccio ti dice tutto quello che vuoi sentire senza dire nulla», furono le sue prime parole. Poi mi fece cenno di sedere su alcuni cuscini sopra un tappeto, dove erano disposti recipienti che contenevano frutta e un po' di cereali. Ci sedemmo tutti in cerchio e ognuno recitò silenziosamente una preghiera. Qualche istante dopo, iniziammo la colazione.
«Hai dormito bene?» mi domandò Sandeep.
«Non tanto, a causa del jet lag, a ogni modo sono riuscito a riposare un po'.»
Sorrise di nuovo e, nel mentre, mi offrì alcuni pezzi di mango fresco, che divorai letteralmente in un istante.
Durante la colazione conversammo di alcune usanze locali.
Concluso il pasto, mi rivolsi al maestro e riassunsi in breve cosa avevo appreso il giorno prima durante il viaggio.
«Kabir, in auto, mi ha spiegato cosa intende per abbraccio e i suoi significati. Ho compreso che è un mezzo per trasmettere qualcosa e, forse, per comunicare diversamente.»
«Esatto, la comunicazione tra due persone può avvenire in molti modi, sia a parole che in silenzio, ma anche tramite il tocco», rispose.
Spostò lo sguardo in alto facendosi più serio, come per raccogliere i pensieri, poi mi guardò e disse: «Ti racconto una piccola storia che ascoltai dal mio maestro i primi giorni del mio discepolato. Aiuta a comprendere il potere di un abbraccio e come, molto tempo fa, era considerato un atto sacro e indispensabile per l'evoluzione umana e spirituale dell'uomo».
Eravamo tutti attenti alle sue parole, ma, prima di continuare, finì l'ultimo pezzettino di frutta rimasto nel suo piatto.
«Molto tempo fa, in alcuni villaggi nascosti dalle foreste nel Nord dell'India, vi era un'usanza molto antica, tramandata dai genitori ai figli per intere generazioni. Quando una persona provava molta sofferenza, oppure si sentiva sola, a turno, tutti gli abitanti del villaggio la andavano ad abbracciare recitando una frase: 'Io sento te e tu senti me. Il tuo dolore è il mio dolore, la tua gioia è la mia gioia. L'amore guarisce. Io e te siamo amore, io e te siamo una cosa sola'.»
Rimasi affascinato da questo antico racconto e mi promisi di cercare di comprenderlo più in profondità.
Poi continuò: «Spesso abbiamo bisogno di liberarci dei pesi che ci sentiamo addosso, è in quei momenti che abbiamo voglia di un abbraccio per perderci dentro l'anima di qualcun altro. L'abbraccio comunica ciò che il cuore sente. Il contatto ci rende più umani, il contatto è curativo, il contatto è guarigione. Ricorda sempre: quando abbracci qualcuno, stringilo forte, non solo con le braccia, ma con tutto il tuo cuore».
Sandeep si prese una pausa per bere un po' d'acqua.
Ne approfittai per una veloce riflessione sul mio passato in compagnia del mio maestro. Vivendo insieme a Tatanji, avevo compreso che ogni momento è buono per imparare, e questa era proprio un'occasione per conoscere qualcosa di nuovo. Stare in compagnia di Sandeep mi ricordava un po' il tempo trascorso con il mio maestro.
«Abbracciamo molte persone», continuò. «Specialmente chi ci vuole bene. Puoi abbracciare anche persone che non conosci, sebbene la situazione ti metta un po' a disagio, ma questo non è per tutti. Col tempo, qualcosa dentro si scioglie e quell'abbraccio che prima era molto crudo diventa man mano sempre più armonioso, sempre più dolce, più vero, più sincero, soprattutto quando lo ricambi con persone che non hai mai visto prima. Ma questa consapevolezza non avviene subito, come ti dicevo, ci vuole tempo.»
A quel punto mi fece una domanda diretta, con il sorriso sulle labbra: «Perché le persone si sentono bene abbracciandosi?»
Ci pensai un attimo.
«Le persone si abbracciano per avere qualche istante di tranquillità, per ricevere conforto, per sentire amore o per essere rassicurate. Sono diversi i motivi di un abbraccio. Abbracciare significa stringere qualcuno a sé, significa accogliere la sua anima. Più l'abbraccio è intenso, più i cuori finiscono per fondersi. Penso sia così, almeno credo.»
«Sì, esatto, questi sono alcuni aspetti, ma vi è un altro motivo che rende l'abbraccio molto speciale.»
Restai qualche istante in silenzio. «Non mi viene in mente nulla...» dissi infine, leggermente scoraggiato.
Con dolcezza, mi pose nuovamente alcune domande. «Quando abbracci, cosa succede?»
«Lascio perdere qualsiasi situazione in cui mi trovo, soprattutto mentale, e mi tuffo direttamente nell'abbraccio.»
«Esatto, hai detto bene. Metti tutto te stesso, tutto il tuo essere in un abbraccio. In realtà, ti lasci andare nel momento. Ecco che l'abbraccio, allora, si trasforma in presenza, in un momento di consapevolezza. Uno dei più grandi. Quando abbracci una persona, se lo fai in modo sincero, sei presente con tutto il tuo essere. L'abbraccio ha il potere di lasciare andare il passato e il futuro. Preoccupazioni e ansie scompaiono. La sua magia, il suo potere sta nella sua connessione intima tra anime. Non siamo più separati dai corpi, ma uniti in un'unica profonda consapevolezza.»
«È vero!» esclamai entusiasta. «Non ci avevo mai pensato.» La mia curiosità prese il sopravvento. «Puoi spiegarmi meglio? Non vorrei perdermi nulla di questo aspetto.»
Kabir e Rupi, nel frattempo, si alzarono per non disturbarci e iniziarono a conversare tra loro in un'altra zona della casa.
Sandeep riprese il suo discorso. «In un abbraccio, se osservi bene, avviene qualcosa di speciale. Vi è immediata consapevolezza, presenza autentica.»
Annuii.
«Come un fiore, che sbocciando si apre donando il suo profumo ovunque, così, nell'abbraccio, la consapevolezza del momento si diffonde in tutto il nostro essere. La mente torna nel qui e ora, liberandosi dei propri fardelli. Ed è questa la bellezza e la potenza di un abbraccio: sei consapevole dell'istante. E non vi è niente di più bello che stare abbracciati. Te ne rallegri, perché vivi il momento e gioisci per il sentimento che trasmette.»
«Cioè, se ho ben capito, l'abbraccio con un'altra persona avviene nell'essere, perché in quell'attimo sei presente; passato e futuro non esistono. Un abbraccio è pura consapevolezza.»
«Sì, hai compreso bene», confermò. «L'abbraccio crea consapevolezza spontanea. Ciò che avviene è così particolare e propositivo che la mente si stacca momentaneamente dai suoi pensieri per fondersi nella presenza. È per questo che ci sentiamo bene quando abbracciamo qualcuno: oltre al sentimento che intercorre, gioisci dell'attimo. Ed è per questo che molte persone, quando si rendono consapevoli, rimangono abbracciate il più a lungo possibile. L'abbraccio è uno dei mezzi più potenti per focalizzarci sul presente.»
Cercai di interiorizzare il suo discorso, soffermandomi mentalmente su alcune frasi. Nel frattempo, sopraggiunse la moglie e si misero a parlare nel loro dialetto locale.
Per continuare a leggere, acquista il libro: