20 febbraio: giornata mondiale della giustizia sociale. Nella moda esiste?
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3 anni fa
La giornata mondiale della giustizia sociale è stata voluta ed istituita dall’Onu - Organizzazione delle Nazioni Unite. Il suo fine è quello di promuovere lo sviluppo e la dignità umana, anche e soprattutto in quest’epoca di globalizzazione.
Per favorire, dunque, la comunità internazionale nella lotta alla povertà, nella promozione di un lavoro dignitoso per tutti, di un'uguaglianza di genere, di un benessere sociale e di una giustizia. Tutti equamente distribuiti.
Ogni anno, dal 2007, la giornata del 20 febbraio è dedicata a rendere sempre più forte ed efficace questa missione essenziale, a dare risalto a questo argomento così vitale e, a mio parere, poco divulgato.
Parliamone di più
Non si parla mai abbastanza di questo tipo di iniziative sociali, anche se nascono a livello globale e tutti i paesi ne siano presi in causa.
In effetti una sola giornata all’anno, per mettere in luce il grande problema delle disuguaglianze sociali, è un po’ pochino. Sicuramente se si mette in confronto l’eco che invece hanno argomenti molto meno importanti, ma probabilmente più popolari.
L’Assemblea Generale dell’Onu enfatizza il concetto che sviluppo e giustizia sociale siano fondamentali per la pace e la sicurezza. D’altra parte gli stessi sono assolutamente vincolati a pace e sicurezza e vanno di pari passo con i diritti umani e le libertà fondamentali.
Un ingranaggio delicatissimo, costruito da tanti tasselli che, insieme, si incastrano e definiscono le basi di una società che si possa chiamare davvero civile.
Diventiamo più consapevoli
Per diventare più consapevoli ci sarebbero milioni di informazioni da conoscere ed approfondire e di cui si sente troppo poco discutere.
Per esempio che nel 2008 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha adottato unanimemente la Dichiarazione sulla giustizia sociale per una giusta globalizzazione. La presa di coscienza di questo testo, da parte dei rappresentanti dei governi, delle imprese e dei lavoratori dei 182 Stati Membri, dimostra il ruolo chiave di questa organizzazione orientata al raggiungimento del progresso e della giustizia sociale. A fare da sfondo a tutto questo un contesto davvero complesso come quello attuale.
È molto importante anche l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Essa è un programma d’azione che coinvolge le persone, il pianeta e la prosperità. È stato sottoscritto nel settembre 2015 ancora una volta dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Contiene 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 traguardi.
La partenza corrisponde con l’inizio del 2016 e i successivi 15 anni. Tutti i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungere gli obiettivi entro il 2030. Molti di questi vanno totalmente nella stessa direzione della dichiarazione.
Ricordiamo tra i molti concetti espressi quello di povertà zero e fame zero, insieme ad una buona salute e benessere per le persone, con un’ educazione paritaria e di qualità, alla parità di genere e ancora ad un lavoro dignitoso per una crescita economica volta a ridurre le diseguaglianze.
Idee nuove e valori rinnovati
Pari opportunità, solidarietà e rispetto per i diritti umani sono essenziali per liberare tutto il potenziale produttivo delle nazioni e dei popoli.
È una frase detta qualche anno fa da Ban Ki Moon, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Concetti non nuovi se pensiamo alla Dichiarazione universale dei Diritti Umani in cui nel 1948 Eleanor Roosevelt stiló le basi per una dichiarazione universale che si basasse sul concetto di interdipendenza dei diritti umani mettendo insieme ai diritti civili e politici quelli economici, sociali e culturali.
E andando ancora un po' indietro nel tempo ricordiamo, grazie all’attivista, scrittrice ed educatrice indiana Hansa Mehta, la frase di stampo francese «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali», tratta dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Frase che verrà adottata dalla commissione ed inserita nella Dichiarazione.
Una frase che si rivelerà rivoluzionaria in termini di diritti delle donne e delle minoranze.
E la moda?
Nella moda si riparla di Fashion Revolution, di etica e di rispetto per i lavoratori.
Si riprendono le fila dall’ accordo storico, il «Bangladesh Accord» del 2013 che è stato rinnovato e che, dal 1 settembre 2021, è entrato in vigore con tutele potenziate per i lavoratori bengalesi del settore dell’abbigliamento. Questo per proteggere un paese martoriato da produzioni disumane e condizioni ai limiti della sopravvivenza.
Eppure c'è ancora tanto da fare! Il mondo della moda sta ancora aspettando, non solo nei paesi sottosviluppati.
Perché tra globalizzazione e pandemia c’è di mezzo il futuro delle nuove generazioni. Non solo nei paesi più disagiati. Perché anche in Occidente e nella nostra Europa rischiamo di compromettere, con scelte sbagliate, questo prezioso futuro.
Ci raccomandiamo, e lo facciamo anche ai capi dei governi e a chi ha più potere decisionale, di non perdere il focus. E che le difficoltà di questo ultimo decennio, enfatizzate da un biennio sicuramente non facile, non diventino una scusa per guardare in altre direzioni.
Documentiamoci, parliamone, diventiamo più consapevoli.
Solo così potremo creare il futuro che desideriamo davvero. Non solo per un giorno.
Un futuro prospero e senza estreme disuguaglianze, in ogni parte del nostro meraviglioso pianeta!