Ritornare alla gentilezza
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4 anni fa
È un potente mezzo per generare empatia e gioia, ecco perché ci può aiutare a uscire dalla difficile situazione attuale
Quello dell’anima è l’unico vero dizionario di cui non si può fare a meno, il più essenziale; ma è anche un dizionario di cui fatichiamo ancora a comprendere profondamente il significato di tutte le parole e le loro dinamiche più vitali. Abbiamo incontrato Riccardo Geminiani – autore insieme a Nicolò Govoni del recente Il dizionario dell’anima – per parlare dell’importanza di questa nuova alfabetizzazione.
Ciao Riccardo, perché un Dizionario per l’Anima? Che cos’è per te l’anima?
Questo libro nasce come un giocoso tentativo di indagare il nostro rapporto con alcune delle parole più care all’anima, comprendere quale e quanto spazio occupano nella nostra vita, quanto del loro potenziale è inesplorato e come riattivarlo.
Le abbiamo chiamate “parole dell’anima” perché sono parole che più di altre riguardano la nostra vera essenza, che sono connesse a ciò che realmente siamo. Ritrovare un buon rapporto con loro è un modo per riavvicinarci al nostro centro, e sentirsi sempre più identificati con esso.
Nel Dizionario trovano posto tante parole di grande ispirazione: quali sono le tre più significative per te e perché?
Partirei da quella che in questa particolare fase storica sembra essere diventata la più impopolare, o perlomeno sottovalutata, ma che rimane fondamentale proprio per provare a uscire da questa delicata fase. Si tratta della parola gentilezza.
La gentilezza è una delle espressioni e manifestazioni più potenti dell’amore, è veramente capace di trasformare in meglio le persone, e la loro esistenza, e di conseguenza il mondo.
Un gesto gentile genera gioia sia in chi lo riceve sia in chi lo compie, e rende questa gioia contagiosa. La gentilezza genera gentilezza, e risveglia nelle persone la consapevolezza di una profonda connessione tra di loro, di una vicinanza dimenticata con l’altro che va oltre a ogni confine apparente.
La seconda parola che scelgo dal dizionario è bellezza, perché è un’altra delle parole che può aiutarci ad attraversare questa fase.
La terza parola è intuito, che è una facoltà del cuore, una sorta di vista interiore, che trascende logica e intelletto, e procede esclusivamente attraverso il “sentire”, ti permette cioè di comprendere che qualcosa è vero non perché lo si è letto o studiato, ma perché lo si sente, dentro.
Hai voglia di raccontarci un po’ del tuo incontro con Nicolò Govoni, coautore di questo libro? Cosa vi lega?
Anni fa incrociai un suo post e rimasi colpito dalla luce che emanavano le sue parole, e da un modo di fare volontariato autentico, trasparente, con una totale e assoluta dedizione verso l’altro, qualcosa di molto lontano da dinamiche che purtroppo vedevo in altre realtà del mondo degli aiuti umanitari. Poco dopo aver letto i suoi post decisi di invitarlo in Italia a un evento che avevo organizzato, era la prima volta che parlava davanti a un pubblico. Da quell’incontro è nata una forte amicizia che dura da anni e che ha portato a collaborazioni su più fronti e alla creazione insieme di una onlus internazionale, Still I Rise.
Sei da sempre attratto e rivolto al mondo dell’infanzia: in un momento di difficoltà e restrizioni, come quello che ormai da tempo stiamo vivendo, in cui spesso cadiamo preda dell’ansia e della depressione, cosa possiamo imparare dai bambini?
Tanto. Dai bambini possiamo sempre imparare tanto. Anche perché i bambini fino ai 2-3 anni di età vivono in quel particolare stato di grazia in cui si è ancora in piena connessione con la propria anima. Uno stato originario che è un composito armonico di stupore, magia, innocenza, purezza, libertà, creatività, intuizione, istinto, genialità, fiducia, presenza, coerenza, forza, vitalità, gioia, amore e bellezza.
Osservare i bambini aiuta noi adulti a vedere ciò che realmente siamo, la nostra parte più divina, quella che vive soffocata da una spessa coltre di credenze, paure, condizionamenti, inibizioni. Parlo spesso del concetto di “tornare bambini” – a cui ho dedicato anche un blog (www.lospiritoinfantile. it) – con cui intendo proprio l’importanza che per ogni adulto riveste questo processo di recupero di quella condizione originaria, che va vista non come un indietreggiare, ma al contrario come il perfezionamento ultimo del proprio percorso evolutivo.
Il bambino vive in quella grazia di totale identificazione con la propria anima senza esserne consapevole, l’adulto che l’ha smarrita invece può tornavi con consapevolezza. Una differenza sostanziale. È un tornare alla sorgente con la chiara visione che quella è la sorgente.