Qual è il cibo dell'uomo?
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4 anni fa
Le basi della nostra alimentazione naturale vanno cercate nel nostro essere, ancora oggi, nomadi cacciatori
Si sente dire da più parti che le persone, per stare in salute, abbiano bisogno di mangiare come uomini del paleolitico. La teoria è suggestiva ma molti sostengono, con grande superficialità, che gli uomini preistorici vivevano solo trent’anni. Come siamo davvero fatti e quanto e cosa dovremmo mangiare per non essere sempre spinti a inseguire un irraggiungibile calo di peso?
Per capire più da vicino quali siano gli alimenti base dell’essere umano (in un’epoca in cui tutti, dal ragioniere all’architetto, si improvvisano nutrizionisti vegani, fruttariani, paleolitici, dukaniani o mima-digiuniani per illuminazione divina) qualche informazione scientifica potrà spazzare via molti dubbi e molte sciocchezze che purtroppo pullulano in rete.
NOMADI CACCIATORI
Fondamentale a questo proposito è lo studio di Bramble e Lieberman pubblicato su «Nature» nel novembre 2004 dal titolo Running and The evolution of Homo che, su precise basi anatomiche, fisiologiche e biochimiche ci definisce come specie bipede onnivora predatrice e raccoglitrice, il cui sistema di caccia si basa essenzialmente sulla corsa di lunga durata.
Consiglio a chiunque un’attenta lettura dell’intero articolo scientifico prima di imbarcarsi in qualunque ulteriore considerazione. Una volta compreso chi siamo, diventa più facile capire quale sia la nostra alimentazione naturale.
Come ho avuto modo di raccontare in molti incontri pubblici, se noi tracciassimo una linea immaginaria sul margine di un tavolo da conferenza (che immaginiamo lungo 4-5 m) corrispondente a circa due milioni di anni fa (ovvero a partire da Homo erectus, un ominide già cacciatore-raccoglitore, privo di pelliccia), con la fine del tavolo corrispondente all’oggi, potremmo tranquillamente dire che l’inizio dell’agricoltura (che convenzionalmente si situa circa 10.000 anni fa nella cosiddetta mezzaluna fertile, l’attuale Iraq) si situerebbe a non più di un centimetro dalla fine del tavolo, cioè molto in prossimità dell’oggi.
Questo significa che l’essere umano non è, da un punto di vista evolutivo, un animale “agricolo” ma è ancora a tutti gli effetti un nomade cacciatore raccoglitore. Da un punto di vista evolutivo, dunque, noi siamo ancora quegli uomini là: 10.000 anni rappresentano un lasso di tempo troppo breve per influenzare in modo profondo le nostre abitudini alimentari. Il nostro apparato digerente è fatto per assimilare correttamente gli alimenti ottenuti dalla savana o dalla foresta, non da un campo di grano o di barbabietole da zucchero.
UN GRANDE ABBAGLIO
Chi dice che “allora però si viveva in media 30-35 anni” sta prendendo un abbaglio. La vita media delle popolazioni nomadi di esseri umani teneva conto della mortalità infantile, vicina al 50% nel primo anno di vita, e che raggiungeva il 70% nel primo quinquennio. Gli uomini che raggiungevano l’età riproduttiva erano poi destinati ad una vita lunga e sana, priva di malattie che non fossero legate all’attività di caccia (ferite e infezioni correlate). Troppo vecchi non diventavano comunque, pur essendo in grande salute: un settantenne fuggirà dal leone con minore efficienza rispetto a un ventenne. Ma la sua eccellente salute non avrà nulla a che vedere con quella basata su farmaci, chirurgia e flebo di un settantenne di oggi, la cui vita viene artificialmente prolungata di altri quindici anni, tra costi e sofferenze.
Gli effetti del progresso, dei vaccini, degli antibiotici, dei servizi igienici, del benessere diffuso, sono stati ormai superati dai danni provocati dall’abuso di cibi spazzatura, dal sovraccarico di farmaci inutili, dalla sedentarietà dilagante: i dati statistici ci dicono che i bambini nati nel 2015 vivranno meno di quelli nati nel 2014. Un’invenzione di tendenza che era nell’aria già da tempo per chi avesse avuto occhi per vedere e cervello per capire.
DUNQUE CHE SI MANGIA?
Per capire cosa mangiasse l’uomo primitivo dobbiamo immaginarci uomini liberi nella savana: qui lo studio delle poche residue popolazioni odierne (gli Hazda della Tanzania, gli indios Yanomani, i pigmei Kung africani, gli aborigeni australiani) ci aiuta notevolmente. La base alimentare di questi popoli è legata ai prodotti di raccolta della terra: frutta, verdura, radici commestibili. Una forte quota nutrizionale è però costituita da proteine animali frutto di semplice raccolta (uova, insetti, molluschi) o di caccia (pesci, uccelli, animali terricoli).
Infine è sempre presente una componente amilacea (noci, ghiande, semi di ogni genere) che, quando stagionalmente reperibile, è molto gradita e ricercata. Si tratta quindi di una piramide alimentare molto appiattita, che presenta alla base ogni genere di frutta e di verdura, al centro proteine animali e vegetali di varia provenienza e in alto, poco rappresentati, i semi.
Dalla piramide dell’uomo sono del tutto assenti i “non alimenti” che oggi siamo abituati a consumare con grande autoconcessività: zucchero, farine raffinate, alcolici e superalcolici e tutti i loro derivati. È assente, come è evidente, anche il latte (ad esclusione di quello materno).
CIBO VERO
È partendo da questa piramide e da questa alimentazione che possiamo fare qualche considerazione più precisa in merito al cibo dell’uomo e alle sue conseguenze su salute e dimagrimento. La maggiore o minore capacità di generare sovrappeso o infiammazione non dipende dunque solo dalla quantità di cibo assunto, ma anche dal fatto che quel cibo sia o non sia un alimento naturale dell’uomo.
Troppo semplice? Rispondere correttamente a questa domanda può significare avere in mano la ricetta per un’alimentazione salutare, che può correttamente attivare tutti i nostri assi ormonali con importanti ricadute anche sulla nostra salute generale.