Nozioni di base sulla fermentazione: quando usare uno starter?
Pubblicato
3 anni fa
Carlotta Bernabini
Dott.ssa in Scienze e Tecnologie Alimentari
La guida per principianti
La fermentazione, definita da Pasteur come “la vie sans l’air” (la vita senza l’aria), è un processo naturale che avviene a carico di alcuni microrganismi in grado di trasformare gli zuccheri (carboidrati) in acidi e alcol (conservanti naturali) e di apportare agli alimenti fermentati consistenze e sapori caratteristici ed incredibili.
Per favorire una specifica fermentazione dovremo far sì che il microrganismo desiderato sia quello maggiormente presente. Come? Basta dare un vantaggio numerico iniziale ai microrganismi desiderati che modificheranno l’ambiente a loro vantaggio. Un'opzione è quella di inoculare in maniera massiccia quel preciso batterio o lievito utilizzando gli starter.
Vuoi saperne di più? Scopriamoli insieme!
Starter, che cosa sono?
Non si può preparare il kefir (sia d'acqua che di latte) senza utilizzare i suoi granuli, il pane a lievitazione naturale senza la madre o lo yogurt senza fermenti lattici.
Un barattolo di tè nero zuccherato se lasciato sul piano di lavoro probabilmente si ammuffirà ed è improbabile che si acidifichi e si trasformi in kombucha da solo. Tuttavia, aggiungendo una madre (anche chiamata scooby) a quel tè dolce, i batteri e i lieviti presenti divoreranno lo zucchero, trasformandolo in vari acidi e rendendolo piacevolmente dolce, acido e piccante e arricchendolo di vitamine del gruppo B.
Ma che cos’è di preciso uno starter? Per coltura starter si intende una coltura microbica impiegata allo scopo di avviare (da cui il termine starter) una fermentazione e di assicurare un risultato positivo. Infatti. aggiungendo uno starter:
- si favorisce l’inizio della fermentazione;
- si producono prodotti di qualità in tempi accettabili (senza lo starter la fermentazione richiederebbe molto più tempo);
- e si conferiscono al prodotto specifiche caratteristiche organolettiche e nutrizionali.
Innesti naturali o starter selezionati?
Tra i primi starter utilizzati nella storia della fermentazione troviamo gli innesti naturali (back-slopping), ovvero, una parte della lavorazione precedente, dove la microflora utile alla fermentazione si è già ben sviluppata, che viene aggiunta a quella successiva. Con questo metodo, le popolazioni microbiche vengono continuamente trasferite e a lungo termine si adattano geneticamente. Si tratta di starter sviluppati artigianalmente a seguito di osservazioni empiriche e vari tentativi.
Al contrario, gli starter selezionati sono a composizione nota e vengono sviluppati in relazione a determinate caratteristiche metaboliche che consentiranno di ottenere il prodotto desiderato tutte le volte che vengono utilizzati. Possono sembrare migliori da un punto di vista tecnologico anche se, in realtà, prevalendo, eliminano essenzialmente qualsiasi altro microrganismo che poteva essere presente, perdendo altri microrganismi utili.
E le fermentazioni spontanee?
Gli starter non sono sempre necessari. Ad esempio, la fermentazione delle verdure (una lattofermentazione) viene fatta senza l’aggiunta di uno “starter”. Grazie al sale o alla salamoia si crea un ambiente selettivo anaerobico, la fermentazione spontanea parte con i lattobacilli (naturalmente presenti negli ortaggi). Si tratta di batteri buoni per l’organismo che riescono a proliferare in un ambiente acido e salino (i patogeni invece non riescono a sopravvivere queste condizioni estreme).
Infatti, un altro metodo per favorire una fermentazione particolare è quello di creare le condizioni ottimali (temperatura, pH, ecc.) per favorire la moltiplicazione del microrganismo desiderato a discapito di quella degli altri. Questo metodo prende il nome di fermentazione spontanea e richiede la creazione di un ambiente selettivo, che favorisca la proliferazione dei soli microrganismi desiderati, già presenti nell’ambiente o sulle materie prime, in modo che questi abbiano un vantaggio rispetto agli altri.
Grazie proprio a questa biodiversità di microrganismi, le fermentazioni spontanee hanno un valore aggiunto e una qualità superiore. Per questo vengono considerate come il futuro dei cibi fermentati, anche se è più complesso riuscire a gestirle e a tenerle sotto controllo.