Erbe selvatiche cibo sovversivo
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6 anni fa
Come boicottare le corsie del supermercato facendo la spesa nei fossi e nei prati
Raccolto e messo nel piatto: fino a pochi decenni fa il percorso del cibo dal luogo di produzione alla tavola era molto breve, spesso qualche centinaio di metri o pochi chilometri.
Oggi questo tragitto si è allungato e con esso sono aumentati i passaggi per la lavorazione e conservazione degli alimenti. Se quarant’anni fa mia nonna l’insalata la coltivava nell’orto-giardino di casa, oggi io la compro già pulita e imbustata al supermercato.
L’insalata in busta è uno dei tanti prodotti-simbolo di un sistema di produzione e distribuzione del cibo ormai totalmente scollegato dai bisogni e dalla salute della terra, dei produttori e dei consumatori. All’opposto della lattuga in atmosfera protettiva o del broccolo surgelato acquistati tra le corsie della grande distribuzione organizzata ci sono le erbe selvatiche.
Per trovarle non dobbiamo entrare al supermercato, ma esplorare i prati e le rive dei fossi vicino casa, alla ricerca di tutto ciò che è commestibile e che può arricchire il nostro piatto di sapore e salute e abbassarne l’impronta ecologica. «Le erbe spontanee – mi spiega Annalisa Malerba, contadina e chef con una passione sfegatata per la fitoalimurgia a cui ha dedicato un libro e numerosi corsi come docente – sono le progenitrici delle specie coltivate e rappresentano un organismo vegetale che non è stato sottoposto a selezione.
E la selezione, negli ultimi decenni, accontenta soprattutto le richieste dell’industria alimentare e della filiera di vendita: richieste cui l’agricoltore si deve adeguare seminando specie e varietà che possono essere raccolte in un lasso ridotto di tempo e particolarmente adatte al trasporto e a una lunga conservazione.
Peccato che sia dimostrata da anni la perdita esponenziale degli antiossidanti dopo giorni di raccolta».
Fitoalimurgia: la frontiera del km0
Le mie nonne sono sempre state due indefesse raccoglitrici di erbe spontanee. Dagli strigoli, agli asparagi selvatici, dalle rosole, alla malva, all’ortica: si tratta di piante molto comuni e versatili che possono arricchire i nostri piatti e anche farci risparmiare sulla spesa settimanale.
Ma quanto è grande il paniere dei prodotti selvatici che si possono reperire in quasi tutta la penisola? «È immenso – chiosa Annalisa – senz’altro hai citato alcune delle più comuni e senz’altro raccomando di partire da queste.
Ma possiamo via via imparare a riconoscerle con certezza e aggiungere nel piatto un nuovo sapore a settimana, o studiare se parti della pianta meno usate sono altrettanto interessanti, per esempio, l’uso in cucina della radice di Taraxacum.
Imparare a riconoscere e a raccogliere le erbe spontanee significa manifestare al cibo e all’ambiente circostante la nostra gratitudine raccogliendo con rispetto e meraviglia; raccogliendo la quantità che siamo in grado di trasformare subito, per non essere costretti a buttare via».
Andare a erbe è un vero e proprio atto sovversivo? «Senz’altro l’argomento è di enorme attualità - conclude Malerba, che, ci teniamo a dirlo, non è un cognome d’arte ma un segno del destino - e ci insegna a considerare non scontato ciò che finisce nel piatto, a non accontentarci di ciò che l’industria alimentare “impacchetta” per noi».