È una sostanza molto diffusa e pericolosa
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1 anno fa
Si tratta dell'acrilammide: scopriamo in quali alimenti si trova, cosa dice la normativa e i consigli per restare in salute
L’acrilammide è un composto chimico-organico che si forma negli alimenti di origine vegetale attraverso una reazione chimica naturale tra amidi, zuccheri e asparagina, un amminoacido. Gli alimenti più a rischio sono quelli a base di patate, cereali ma anche caffè e succedanei.
Tale sostanza fu scoperta negli alimenti nel 2002 ma ovviamente accompagna la storia dei cibi sin da quando furono cotti per la prima volta. Ha un sapore accattivante, piacevole, che potremmo definire ancestrale; risiede probabilmente in qualche zona limbica del cervello e ci accompagna dalla preistoria, ecco perché piace.
L’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha iniziato a ricevere segnalazioni di pericolosità da Danimarca, Francia, Germania e Svezia. Nel 2015 è arrivata a definirla una sostanza potenzialmente cancerogena e mutagena, dopo averne studiato gli effetti sulle cavie di laboratorio. I livelli massimi di esposizione, che troverete più sotto, sono stati confermati come cautelativi nel 2022. A oggi esistono studi contrastanti, forse perché l’industria alimentare dovrebbe rivedere gran parte dei processi di preparazione, cottura e durata del prodotto finito oltre alle ricette e agli ingredienti. Nella valutazione di rischi dello stesso anno gli esperti scrivono «poiché l’acrilammide e presente in un’ampia gamma di cibi di uso quotidiano, l’allarme riguarda tutti i consumatori, ma sono i bambini la fascia d’eta più esposta, in base al peso corporeo»1; dovremmo quindi riflettere su ciò che mangiano i nostri figli e nipoti. Quando cuociamo un alimento a 120 °C in un ambiente con poca umidità (per esempio il forno e la friggitrice ma anche attraverso le trasformazioni industriali) quasi certamente avviene la Reazione di Maillard, l’incubo di tutti i tecnologi alimentari: lo zucchero si scompone nei due componenti principali, glucosio e fruttosio, e reagisce con l’asparagina donando al cibo un “bel” colore dorato o bruno.
Dove troviamo l’acrilammide?
EFSA chiarisce che è potenzialmente presente in tutti gli alimenti che contengono zuccheri, amidi e asparagina: pane, anche morbido, patate e patatine (inclusi tutti i prodotti che ne derivano tipo rösti), biscotti, cracker, prodotti da forno dolci e salati, gallette, pizza e fette biscottate incluse.
Carne, uova, pesce, pur contenendo una quantità significativa di quell’amminoacido, non hanno zuccheri e, di conseguenza, non esiste la possibilità che si formi l’acrilammide a meno che non siano impanati o avvolti nella sfoglia (es. cotolette, bastoncini di pesce, polpette, preparazioni in crosta ecc.). Non pensiate di aver salvato il barbecue o gli arrosti perché scampate questo composto, poichè ne ingerite un altro, altrettanto pericoloso: le ammine eterocicliche.
Il caffè e i suoi succedanei, inclusi cicoria e tutti i cereali anche solubili, vengono tostati a temperature superiori a 200 °C dando origine alla formazione dell’indesiderato composto. I chicchi di caffè immaturi hanno un contenuto di asparagina molto più alto di quelli maturi, quindi dovremmo non solo informarci bene sulla qualità di ciò che beviamo, ma anche sulla provenienza e tipo di trasformazione.
La frutta secca tostata non fa eccezione: anacardi, arachidi, mandorle, pistacchi vengono trattati ad alte temperature così come le prugne secche. Attenzione quindi a ciò che acquistate.
Come agisce
Quando consumata per via orale, ovvero introdotta attraverso i cibi, l’acrilammide viene metabolizzata, assorbita dal tratto gastrointestinale distribuita a tutti gli organi. Da questo processo si origina la glicidammide, indicata come la più probabile causa delle mutazioni geniche e dei tumori osservati negli animali. Nella pubblicazione sopra citata EFSA scrive: «L’acrilammide e la glicidammide, suo metabolita, sono genotossiche e cancerogene. Dal momento che qualsiasi livello di esposizione a una sostanza genotossica potenzialmente ha la capacità di danneggiare il DNA e far insorgere il cancro, gli scienziati dell’EFSA hanno concluso di non poter stabilire una dose giornaliera tollerabile (DGT) di acrilammide negli alimenti. In luogo di cio gli esperti dell’EFSA hanno stimato l’intervallo di dosaggio entro il quale è probabile che l’acrilammide causi una lieve ma misurabile incidenza di tumori (“effetti neoplastici”) o di altri potenziali effetti avversi (neurologici, sullo sviluppo pre- e postnatale e sul sistema riproduttivo maschile)»2.
Come difenderci
EFSA ci mette in condizione di sapere quale sia il valore soglia del rischio di esposizione giornaliera, ovvero quello che un adulto sano di 60 kg di peso corporeo non dovrebbe oltrepassare: 1 mcg al giorno. Se volete scoprire la soglia in relazione al vostro peso è sufficiente applicare la formula (0,17 × 60)/10.000, sostituendo al numero 60 il vostro peso corporeo.
Nel 2017 è stato firmato il Regolamento (UE)
2017/2158 della Commissione - del 20 novembre 2017 - che istituisce misure di attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione della presenza di acrilammide negli alimenti (efanews.eu) al fine di contenere la reazione di Maillard.
Peccato che, pur definendo una serie di procedure importanti, indichi di effettuare analisi campione una sola volta all’anno. Lo si applica a categorie specifiche:
- patate fritte tagliate a bastoncino, altri prodotti tagliati fritti e patatine (chips), ottenuti a partire da patate fresche;
- patatine, snack, cracker e altri prodotti a base di patate ottenuti a partire da pasta di patate;
- pane;
- cereali per la prima colazione (escluso il porridge);
- prodotti da forno fini: biscotti, gallette, fette biscottate, barrette ai cereali, scones, coni, cialde, crumpets e pane con spezie (panpepato), nonché cracker, pane croccanti e sostituti del pane. In questa categoria per “cracker” si intende una galletta secca (prodotto da forno a base di farina di cereali);
- caffè: caffè torrefatto, caffè (solubile) istantaneo;
- succedanei del caffè;
- alimenti per la prima infanzia e alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia, quali definiti nel regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Nonostante i produttori siano invitati a rispettare questi limiti, adeguandosi a protocolli di produzione che riducano la formazione di acrilammide in cottura, attualmente non esiste alcun obbligo di comunicazione al consumatore. Così conosciamo il limite massimo che non dovremmo raggiungere ma ignoriamo quanto ne ingeriamo.
Ecco la tabella cui i produttori dovrebbero attenersi: indica i microgrammi massimi per 1 kg di ogni alimento. Calcolatrice alla mano potrete calcolare la quantità di acrilammide potenzialmente contenuta nella porzione di tutti gli alimenti che mangiate. Comodo, vero?
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Se fate i calcoli, però, qualcosa non torna: il limite di sicurezza EFSA è 10 mcg/giorno (per un adulto sano che pesa 60 kg) ma, se applichiamo i valori del Regolamento, scopriamo che in 50 g di pane morbido possono esserci fino a 2,5 mcg di acrilammide (50/1000)*50, in 10 g di patatine fritte invece ben 5 mcg. Dobbiamo inoltre considerare l’effetto cocktail (sempre dimenticato da chi fa le norme perché ragiona per comparti) perché nessuno di noi mangia un unico alimento in tutta la giornata.
Niente panico, ricordiamoci sempre la regola base: è la dose che fa il veleno. Dobbiamo diventare così consapevoli da tutelare non solo noi stessi ma anche i nostri cari. Possiamo farlo a più livelli partendo dallo scegliere accuratamente ciò che mangiamo (un esame visivo che esclude bruciature o dorature è molto utile anche se non sempre attendibile) sino ad arrivare ad essere la spina nel fianco dell’industria alimentare. Se avete dubbi scrivete al servizio clienti e chiedete le analisi, i dati di laboratorio e non accontentatevi di risposte rassicuranti e vuote, orientate al marketing e alla nebbia. L’unica cosa che conta davvero sono i numeri, perché su questi basiamo i limiti e possiamo quantificarli. I dati qualitativi (poco, molto, alto basso) non servono a nulla se non a spegnere la nostra capacità di ragionamento.
Un dettaglio, che vi invito a scoprire leggendo il Reg 2158, è questo: «Gli Osa [operatori del settore alimentare; N.d.R.] sostituiscono gli ingredienti che potenzialmente fanno aumentare i tenori di acrilammide nel prodotto finale se ciò è compatibile con la sua progettazione e con le possibilità tecniche; questo riguarda ad esempio l’uso di noci e semi torrefatti a temperature basse piuttosto che elevate». Ciò significa, in pratica, che l’operatore del settore alimentare può soprassedere dal seguire le indicazioni della Norma, qualora la sua ricetta preveda ingredienti non sostituibili oppure in assenza di strumenti di lavorazione adeguati a mantenere bassi i livelli.
Consapevolezza e soluzioni
Mi rivolgo a voi, cari lettori, che avete un grado di consapevolezza superiore a quello del connazionale medio, a voi che ponete attenzione a ogni aspetto del vostro stile alimentare. In casa preferite cotture semplici come la bollitura, il vapore; stufate le pietanze anziché friggerle e, poiché è impossibile non utilizzare il forno, ponete all’interno un pentolino di acqua così che l’ambiente resti umido e si scongiuri la formazione dell’acrilammide. Mettete le patate a bagnomaria oppure lessatele leggermente prima di cuocerle al forno, come da tradizione. Un altro suggerimento è quello di non sottoporle a shock termico cuocendole quando sono fredde di frigorifero.
Nelle cotture di lievitati dolci e salati non superate i 150 °C e piuttosto prolungate il tempo. Diminuite la quantità di glucosio e fruttosio, così farete anche un esercizio benefico per il fegato e il pancreas.
Un dettaglio importante: più grande è il “pezzo”, che sia biscotto, panino, spicchio di patata, meno c’è il rischio che il composto si formi e si concentri.
Le soluzioni domestiche esistono, sempre, perché dipendono da noi e dalla nostra attenzione.
Note
1.www.efsa.europa.eu/sites/default/files/corporate_publications/files/acrylamide150604it.pdf
2. Ibidem.