Coscienza animale e antropocentrismo
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5 anni fa
Impariamo dagli animali come avere un rapporto più equilibrato con l’ambiente
Ammesso che si sappia che cosa sia veramente la coscienza, gli animali ne hanno una che si possa paragonare a quella umana? Allo stato attuale delle cose, sembra che nessuno possa dire di possedere una verità scientifica e universale sulla coscienza, ma tra questa difficoltà e il sostenere che la coscienza non esiste – nemmeno negli animali, come molti sostengono – ce ne passa. In sostanza, tutto ciò che è o non è la coscienza, ontologicamente soggettiva e indivisibile per noi esseri umani, lo deve essere anche per gli animali, sia nella somiglianza, sia nella differenza.
SCOPERTA, INVENZIONE, CREATIVITÀ: GLI SCIMPANZÉ
Se per essere creativi, scoprire cose nuove e inventare strumenti, è necessaria la coscienza, chi non è più creativo di uno scimpanzé nel mettere delle casse le une sopra le altre per raggiungere delle banane appese a un soffitto, oppure nel costruire dei bastoncini da infilare nei buchi dei termitai per estrarne gli insetti?
Oppure, nel trovare delle erbe medicinali per curarsi il mal di pancia, nell’utilizzare delle pietre, come facevano i nostri antenati, per schiacciare delle noci che altrimenti non si sarebbero potute aprire?
Ciò di cui possiamo essere certi è che la coscienza è, e rimane, una caratteristica fondamentale della nostra mente, quindi del nostro cervello, con stati di sensibilità e consapevolezza che iniziano quando ci svegliamo il mattino e si spengono quando ci addormentiamo, anche se la coscienza, in effetti, non sparisce mai totalmente dal nostro cervello. La coscienza non è un mistero ineffabile, ma un enigma o, se vogliamo, un problema scientifico ancora irrisolto.
EMPATIA, SENSO DEL SÉ E LINGUAGGIO
Gli scimpanzé possono creare cose nuove, riconoscere e agire sulla base di un ragionamento: hanno, come noi, un pensiero libero. Gli scimpanzé sono molto simili all’uomo e non solo per una questione di condivisione del 98% del patrimonio genetico, ma anche per le loro elevate capacità intellettive e cognitive. Inoltre, essi condividono con l’uomo, emozioni, empatia, moralità e senso del sé.
Uno scimpanzé può capire bene, ad esempio, l’intenzione che sta dietro un gesto di un suo simile o dell’uomo. La comunicazione gestuale negli scimpanzé (possono apprendere molto bene il linguaggio dei segni, quello utilizzato dai sordomuti per comunicare tra loro e anche con gli udenti e parlanti umani), serve anche, come nell’uomo, per controllare se un interlocutore è attento alla comunicazione, le sue reazioni, per prevederle e, se è possibile, anche per manipolarle, per esempio attraverso l’inganno o il controinganno.
Se così stanno le cose, chi più di uno scimpanzé può essere simile all’uomo? Nessuno. Per questo sono nostri “cugini”.
RITROVIAMO LA NOSTRA PIÙ AUTENTICA UMANITÀ
Recuperare la vicinanza con questi animali, riconoscerci in loro, nel loro modo di interagire con l’ambiente e gli altri esseri, potrebbe essere per noi uomini di oggi un modo per ritrovare l’essenza della nostra più autentica umanità. Essi potrebbero insegnarci nuovamente, ad esempio, come dobbiamo utilizzare, nel migliore dei modi, l’ambiente in cui viviamo.
In sostanza, in essi potremmo ritrovare l’essenza della nostra esistenza. Purtroppo, nel mondo le cose non vanno e non sono mai andate in questo modo. Un forte antropocentrismo millenario ci ha collocati al vertice della piramide della vita. È stato un grave errore e, prima o poi, ne pagheremo le conseguenze.
I segnali che ci giungono dalle pessime condizioni in cui si trova il nostro pianeta, dovrebbero essere premonitori, ma l’uomo, purtroppo, ha evoluto una mente che lavora soprattutto a breve scadenza. Non ci ha consentito di essere lungimiranti.
Pensiamo sempre all’immediato, a come risolvere i nostri problemi purché non siano più lontani di un palmo dal nostro naso, solo che questo potrebbe non bastarci per continuare a vivere e per dare un futuro alle prossime generazioni.
L’uomo si è eretto a padrone del mondo e considera gli animali, persino quelli a noi più prossimi, come degli oggetti da sfruttare e di cui fare qualsiasi cosa: comprarli, venderli, mangiarli, selezionarli artificialmente e “sacrificarli” nei laboratori. Dovremmo riflettere su questa follia e ridimensionare la nostra caparbietà antropocentrica.