Qual è la giusta farina per preparare un pane 100% naturale?
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2 anni fa
Come sceglierla in base alla forza (W) e alla macinazione del chicco (da integrale a 00) per un pane buono e di qualità
Non tutti i pani sono uguali, e oltre ad avere forme diverse, solitamente le pagnotte si distinguono fra di loro anche per il colore della loro crosta e mollica, l’alveolatura interna e soprattutto il loro sapore. Ad ogni cereale, corrisponde una gamma di farine diverse, che andranno a creare strutture e gusti diversi, e che avranno le loro caratteristiche specifiche, non uguali alle altre, con i loro pregi e i loro limiti. Non è bella la diversità anche in fatto di panificazione? Pensare che partendo da qualsiasi farina di qualsiasi cereale si possa ottenere sempre lo stesso risultato, beh, è abbastanza fuorviante e molto poco naturale.
Un cereale per ogni cultura
La famiglia dei cereali è molto ampia, racchiude al suo interno specie diverse di graminacee che sono cresciute, si sono sviluppate e adattate a diversi climi e terreni in giro per il mondo, dove ad ogni cultura e civiltà corrisponde più o meno un cereale diverso (come per ricordarci, sin dall’antichità, che i carboidrati non fanno male!). Dal farro spelta degli antichi romani; al riso del Medio Oriente coltivato in climi umidi, caldi e in ammollo in acqua; alla segale del Nord Europa, coltivata in climi freddi e secchi; al mais del centro America, venerato anche come divinità dai Maya; al teff del Nord Africa, grande come un granellino di sabbia.
Ogni cereale ha delle proprie caratteristiche intrinseche che lo caratterizzano e che non variano di molto, anche all’interno delle varie specie, e che si riflettono sul pane, dicevamo. Nel nostro caso, quello dei panettieri consapevoli, è importante conoscere alcuni parametri e come influenzano la struttura del pane, per prenderne atto e adattarci per esaltare al meglio le caratteristiche di quel cereale.
La forza della farina: il parametro W
Sì lo so, ci sto girando intorno, sappiamo tutti qual è il parametro per eccellenza da considerare e che ha generato centinaia, che dico, migliaia, di articoli e libri, catalizzando l'attenzione di masse di homebakers su alcuni profili social piuttosto che altri, su un metodo di impastamento piuttosto di un altro: è proprio lui, il W!
Il W è un valore ricavato da un’analisi in laboratorio, che esprime la forza della farina, che a sua volta deriva dal contenuto proteico del chicco, e nello specifico di due proteine insolubili chiamate gliadina e glutenina. Quando la farina viene impastata con acqua e attrito (le nostre mani o la nostra impastatrice), queste proteine si intrecciano fra di loro in una struttura tridimensionale, elastica ed estensibile, più o meno tenace, chiamata maglia glutinica, o glutine, che corrisponde alle colonne portanti di un palazzo, e che da struttura al pane in lavorazione e in cottura.
Il W può andare da un valore di 0 per cereali naturalmente privi di glutine (ecco perché i pani senza glutine sono quasi sempre dei bei mattoncini compatti), a circa 400 per farine molto proteiche, chiamate farina di forza o farine forti, solitamente di grano tenero, passando per tutti i valori intermedi, che creano quella ampia gamma di farine deboli ottime per biscotti, medie per il pane, medio forti per focacce o pizze, fortissime per lievitati da colazione come gli sfogliati e i grandi lievitati da tradizione come il panettone.
Più gliadina e glutenina contiene il nostro chicco, più la farina risultante avrà una maglia glutinica forte, e potrà sopportare lunghe lievitazioni, o impasti grassi con aggiunte di olio e burro (più colonne portanti ha il nostro pane, più avrà struttura).
Ed è questo il motivo per cui ci stavo girando tanto intorno, perché è facile parlare di W, ma collegarlo alla naturalità della farina risulta un po’ più articolato, e presume un’accettazione intrinseca che i risultati del nostro pane possano dipendere tanto da noi quanto dalla scelta dei nostri ingredienti, e che la bellezza di questo hobby/lavoro è proprio quella di trovare la massima espressione di ogni cereale e farina senza forzare o calcare la mano.
Integrale, semintegrale, bianca
La macinazione del chicco rappresenta un ulteriore ventaglio di possibilità nella distinzione delle varie farine risultanti: il grado di abburattamento esprime infatti in percentuale la quantità di sfarinato macinato che viene selezionato per la nostra farina nei vari passaggi di vagliatura, scartandoli dal più esterno al più interno, ovvero dalla crusca verso gli strati interni più amidacei. Un abburattamento 100% equivale a dire che tutto il peso dei chicchi iniziali è stato convertito in farina, permettendo di ottenere una farina 100% integrale, mentre un grado di abburattamento del 70% significa che il 30% dello sfarinato più esterno è stato separato dal rimanente, creando una farina più raffinata. In Italia si dividono le farine in base all’abburattamento in integrale, tipo 2, tipo 1, 0 e 00, passando quindi da una farina più scura a quella più chiara, tipica del pane bianco. Il contenuto di crusca e fibre corrispondenti sarà maggiore in una farina integrale, e molto minore in una 00, che conterrà principalmente amido e proteine. I pani risultanti da una o l’altra tipologia di farina avranno colore diverso, profumi diversi, struttura diversa (le fibre “appesantiscono” la struttura ma quanto fanno bene) e gusto diverso.
Pane semintegrale con semi e fiocchi
Vi lascio la ricetta di uno dei miei pani preferiti, quello con i semi e fiocchi, che oltre ad essere bellissimo, ha anche un alto contenuti di oli buoni dei semi, nonché sali minerali e vitamine!
Per una pagnotta da 1 kg circa
- 500 g di farina tipo 1
- 100 g di lievito madre vivo e pronto
- 300 g di acqua (variabile in base alla farina)
- 10 g di sale
- 180 g di semi e fiocchi misti a piacere (lino, girasole, papavero, zucca, sesamo, fiocchi di farro, fiocchi di avena, ecc) ammollati e lasciati scolare.
Impastate grossolanamente farina, lievito madre, buona parte dell’acqua e lasciare riposare per 30 minuti. Riprendete quindi l’impasto, aggiungete il sale e la rimanente parte di acqua, incordando bene la struttura. Quando l’impasto risulta liscio e omogeneo, aggiungete i semi ammollati e scolati, incorporateli delicatamente nell’impasto con l’aiuto di qualche piega, quindi valutate come ultima cosa se l’impasto consente di aggiungere un po’ d’acqua (dipende dalla farina, non da voi). Lasciate riposare per circa 3 ore a temperatura ambiente.
Capovolgete sul banco di lavoro, procedete alla formatura della pagnotta per riporla poi nel cestino di lievitazione, dove trascorrerà due ore prima di essere infornata a 230 gradi per 50 minuti circa.