Mettersi al servizio dell'amore
Pubblicato
1 anno fa
Dimorare nella beatitudine e nella grazia con la devozione e l'amore
“Se qualcuno mi offre con amore e devozione una foglia, un frutto, un fiore o dell’acqua, io l’accetterò”.
Questo è un meraviglioso versetto tratto dalla Bhagavadgita, un antico libro indiano di cui hanno espresso pareri entusiastici personalità e autori del calibro di Einstein, Ghandi, Jung, Hermann Hesse e Schopenhauer che lo ha definito come: “Il testo più sublime ed istruttivo al mondo”.
Ma andiamo a commentare e ad approfondire il versetto oggetto di questo articolo.
Ritengo sia fondamentale per chi prenda la decisione di intraprendere un percorso di crescita spirituale dedicarsi al servizio dell’amore, al servizio della devozione al fine di dimorare in un perenne stato di gioia e beatitudine e grazia.
Il metodo della Bhagavadgita
E per farlo, in queste poche parole, la Bhagavadgita ci propone un metodo talmente semplice da essere fin anche disarmante, un metodo che può essere attuato da chiunque, anche da chi non possiede assolutamente nulla di materiale.
Le uniche cose richieste sono l’amore e la devozione ed è proprio per questo che è sufficiente offrire un fiore, una foglia, un frutto oppure un bicchiere d’acqua e ci chiarisce perfettamente che non conta tanto il cosa, ma il come: farlo con amore, farlo con intenzione amorevole e disinteressata.
Ed è fondamentale farlo sottraendosi ai frutti dell’azione: sottraendosi cioè dal volerlo fare per riceverne una qualche ricompensa o qualcosa in cambio., cioè con amore sincero e assolutamente disinteressato.
La via della devozione e dell'amore
In sanscrito devozione si indica con la parola bhakti e la parola bhakti in questo versetto è presente due volte. La devozione vera e sincera, l’amore vero e sincero sono l’unica via per la completa realizzazione, per la piena realizzazione spirituale ed unione con tutti gli esseri viventi.
La bhakti è priva di motivazione, è un gesto disinteressato verso l’amore assoluto e universale.
Non si tratta né di parlare di amore, né di amare qualcuno, ma piuttosto di vivere con amore.
Questo versetto ci invita ad offrire foglie, frutti, fiori o dell’acqua che sono tutti assolutamente oggetti materiali. Invita quindi a non sottrarsi dalla natura materiale del pianeta Terra, ma piuttosto ci suggerisce di non farci dominare da questo materialismo, di non farci guidare dalla materia: essere nel Mondo, senza essere del Mondo!
Ci suggerisce, ci invita, ad aiutare e a gratificare con amore e devozione il prossimo anche con piccoli, piccolissimi gesti fatti con tutto l’amore, la compassione e la gentilezza di cui disponiamo.
Oggi più di ieri, domani più di oggi.
E sottintende anche l’imparare ad accettare i piccoli o grandi quotidiani gesti d’amore che riceviamo ma che a causa dei soliti condizionamenti sociali facciamo fatica ad accogliere.
Siamo troppo spesso portati, quando riceviamo un dono o un gesto carino, a pronunciare frasi del tipo: “ma no, non dovevi” o “non me lo merito” e tutte queste frasi tristemente diventate di rito ci portano inevitabilmente anche ad abbassare la nostra autostima.
Ed inoltre questo tipo di atteggiamento ci porta a non godere nemmeno di quel gesto, troppo impegnati come siamo a sostare nella vergogna del non meritato o nel pensiero del come contraccambiare.
La Bhagavadgita ci invita invece ad accettare i doni e i piccoli gesti che sono comunque atti d’amore. Qualunque regalo che noi riceviamo è un gesto d’amore che viene fatto nei nostri confronti.
E il modo più semplice e migliore per accettare un regalo è sicuramente con un GRAZIE accompagnato dal miglior sorriso possibile. Questo porta chi lo riceve a goderne e funziona anche come gratificazione e riconoscenza vero chi lo ha compiuto.
Il versetto, per essere precisi e completi, si riferisce in maniera specifica a Krishna: la Bhagavad gita è scritta sotto forma di dialogo tra Krishna ed Arjuna.
Potremmo intendere Krishna come la coscienza suprema, l’energia da cui tutti ha avuto inizio e siccome Krishna è presente in ognuno di noi, una coscienza superiore, una coscienza suprema è presente in ognuno di noi, queste parole non possono che riferirsi ad ognuno di noi.
E queste pochissime parole ci suggeriscono un modo, un metodo, di amore compassionevole per affrontare questa esperienza materiale su un pianeta materiale e per poterne godere insieme all’altro, con amore e decozione, con gioia e con gratitudine.
Fuori e dentro, il viaggio continua
namaste