Ne consumiamo 56 mila tonnellate all’anno
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2 anni fa
I pesticidi che usiamo ogni anno in Italia sono oltre la media europea e hanno costi ambientali e sanitari insostenibili. Ma la transizione all’agroecologia è ancora possibile: vediamo come
Sono passati oltre 60 anni da quando Rachel Carson diede il via a quello che sarebbe diventato, di lì a poco, un vero e proprio filone narrativo. La strage di uccelli e insetti nei campi, l’aumento delle malattie legate all’alimentazione e, in generale, ai fattori ambientali, rappresentavano negli anni Sessanta un’assoluta novità. Una novità da raccontare e denunciare. Per indurre le istituzioni a prendere atto che un determinato modello di agricoltura, ad alto input chimico e totalmente improntata all’aumento della produttività per mere esigenze di mercato, non poteva essere sostenibile e quindi accettabile.
Dalla pubblicazione della Primavera silenziosa, la lista dei danni procurata dal modello agricolo industriale si è andata allungando. E con essa le storie di contadini costretti a chiudere le loro fattorie, di persone malate, di territori inquinati. Una narrazione che coinvolge tutto il mondo, come ho avuto modo di testimoniare in prima persona, e come ho cercato di raccontare nel libro Pesticide Nation, intervistando contadini europei, asiatici, latino-americani, africani. Il filo rosso che unisce le loro storie è quello tessuto dalle grandi multinazionali dell’agribusiness che, attraverso i loro corredi tossici composti da semi ibridi o ogm, fertilizzanti e pesticidi chimici, riescono ad appropriarsi della vita dei contadini e di quella di tutti noi, considerando che chi controlla i semi controlla il primo anello della nostra catena alimentare.
Mercato dei pesticidi: chi ne consuma di più
L’utilizzo della chimica in agricoltura è dunque legato a un sistema di potere e di controllo corporativo. L’utilizzo dei pesticidi, in particolare, rappresenta una vera emergenza globale che vede l’Unione Europea in prima fila, come produttore e come consumatore. Secondo Eurostat, in Europa si vendono annualmente circa 360 mila tonnellate di pesticidi. In questa speciale classifica, anche l’Italia occupa una posizione di tutto rilievo con quasi 56 mila tonnellate e oltre 6 kg di pesticidi per ettaro coltivato, una media superiore a quella dell’Unione Europea. Secondo gli ultimi dati Istat, aggiornati al 2020, nell’agricoltura italiana si utilizzano complessivamente circa 122.000 tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari, che contengono circa 400 sostanze diverse.
Gli impatti su ambiente e salute umana di queste sostanze sono significativi anche a piccole dosi, mentre molto poco si sa sui loro effetti combinati (il cosiddetto effetto cocktail). Nonostante le evidenze dei gravi impatti ambientali e sanitari, il business della chimica continua a espandersi nel settore agricolo. Negli ultimi 20 anni, il mercato globale dei pesticidi è praticamente raddoppiato, raggiungendo un fatturato di 53 miliardi di euro. Nel 2019, i principali esportatori di pesticidi sono stati Cina, con 5,2 miliardi di dollari, Stati Uniti (4,2), Germania (4), Francia (4) e India (2,6) mentre i principali importatori di pesticidi erano il Brasile con 3,7 miliardi di dollari, Francia (2), Stati Uniti (1,5), Germania (1,5) e Canada (1,4). Nello stesso anno di riferimento l’Italia ha esportato 790 milioni di dollari di pesticidi e ne ha importati 907.
I Paesi extraeuropei, soprattutto in America Latina e Europa dell’est, presentano tassi di crescita del consumo impressionanti: è il caso dell’Argentina, che negli ultimi 5 anni ha visto crescere le vendite di pesticidi del 40%, della Russia, con un più 25%, della Romania, più 15%, e del Brasile, più 7%. L’Unione Europea, che impiega nel settore oltre 27 mila persone, è uno dei mercati di consumo maggiori, con 12 miliardi di euro di pesticidi venduti agli agricoltori nel 2019, ed è anche uno dei maggiori esportatori mondiali.
Costi ambientali e sanitari che vengono taciuti
Oltre che entrare direttamente in contatto con gli alimenti, pesticidi e fertilizzanti chimici infiltrano il suolo e si disperdono nell’aria contribuendo a svariati processi di contaminazione. Una delle cartine di tornasole è quella dell’acqua. Nel suo ultimo rapporto l’Ispra ha evidenziato la presenza di pesticidi nel 55,1% dei 1837 punti di monitoraggio; e nelle acque sotterranee nel 23,3% dei 2551 punti. Sono state trovate 183 sostanze diverse, rappresentate per la maggior parte da erbicidi. Il risultato complessivo – sottolinea l’Ispra ((Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, NdR)- indica un’ampia diffusione della presenza di pesticidi.
Per avere un quadro chiaro della situazione, è necessario citare i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità sui casi di avvelenamento da pesticidi (385 milioni all’anno) e di decessi (258.000 all’anno) e quelli relativi alle malattie provocate dai composti chimici che, oltre a presentare un bilancio umano inaccettabile, ne presentano anche uno economico legato ai costi della sanità pubblica. Uno dei fattori più allarmanti è proprio quello relativo all’esternalizzazione dei costi dell’agribusiness: senza i sussidi pubblici e l’elusione dei costi dei danni provocati, spesso lasciati a carico delle amministrazioni e quindi dei contribuenti, questo sistema produttivo industriale non sarebbe sostenibile neanche da un punto di vista economico.
Abbiamo visto cosa ci riserva il presente. Ma cosa ci riserva il futuro? Visti i grandi interessi in ballo è chiaro come l’agribusiness punterà, attraverso azioni di lobby, a mantenere i privilegi guadagnati negli anni, impedendo o infiltrando, attraverso argute pratiche di greenwashing, ogni tentativo di transizione o trasformazione agroecologica.
Ma la buona notizia è che dopo tanti anni di soprusi, di proteste e di iniziative bottom up, qualcosa si comincia a muovere anche a livello istituzionale, nonostante le pressioni dell’industria.
A livello locale un numero crescente di comuni emana ordinanze specifiche per proteggere territori e cittadini dalle monocolture chimiche. A livello regionale e nazionale con le recenti leggi a favore del biologico e dello sviluppo dei biodistretti, patti territoriali fra amministrazioni, aziende agricole e cittadini per una produzione agricola salubre a filiera corta. A livello europeo con la proposta della Commissione di tutelare la biodiversità e ridurre l’uso di pesticidi del 50% entro il 2030 e con la recente iniziativa del Parlamento Europeo volta a includere il reato di ecocidio all’interno della legislazione europea.
Sono questi alcuni elementi di prospettiva che indicano una possibile direzione politica per ristabilire gradualmente un legame sano ed equo con il nostro pianeta e con tutti i suoi abitanti. Prendersi cura della terra, proteggendo il suolo e la biodiversità, e valorizzando le relazioni sociali e culturali ad essa legate, è un imperativo dei nostri tempi.