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Il vero motivo - che molti di voi non sanno - per cui ci arrabbiamo

Pubblicato 2 anni fa

Leggi un estratto dal libro "Le Parole sono Finestre (oppure Muri)" di Marshall Bertram Rosenberg

Il primo passo per esprimere la rabbia con pienezza è quello di sollevare l’altra persona da qualunque responsabilità per la nostra rabbia.

Serve liberarsi da pensieri quali: “lui, lei o loro, mi hanno fatto arrabbiare quando hanno fatto questo”, perché un tale modo di pensare ci porta ad esprimere la nostra rabbia in modo superficiale, incolpando e punendo l’altra persona.

Il comportamento altrui può essere uno stimolo per i nostri sentimenti ma non può esserne la causa.


Non ci arrabbiamo mai a causa di qualcosa che qualcun altro ha fatto.


Possiamo identificare il comportamento dell'altra persona come lo stimolo, ma è importante stabilire una distinzione chiara tra lo stimolo e la causa.

Vorrei mostrare questa distinzione con un esempio tratto dalla mia esperienza di lavoro presso un carcere svedese.

Stai leggendo un estratto dal libro:

Indice dei contenuti:

Individua lo stimolo e la causa della rabbia

Il mio compito consisteva nel mostrare ai detenuti che si erano comportati in modo violento, come potevano esprimere interamente la loro rabbia senza uccidere o picchiare altre persone.

Durante un esercizio che li invitava a individuare lo stimolo della loro rabbia, un detenuto scrisse: “tre settimane fa ho fatto una richiesta ai funzionari del carcere e loro non mi hanno ancora risposto”.

Questa affermazione era un’osservazione chiara dello stimolo in quanto descriveva ciò che altre persone avevano fatto.

Gli chiesi poi di esprimere la causa della sua rabbia ponendogli la domanda: "Perché, quando è accaduto questo, lei si è sentito arrabbiato?"

“Gliel’ho appena detto”, esclamò lui. “Mi sono sentito arrabbiato perché non hanno risposto alla mia richiesta”.

Identificando lo stimolo con la causa, si era indotto a pensare che a farlo arrabbiare era stato il comportamento dei funzionari del carcere.

È facile abituarsi a pensare in questo modo, in una cultura che si serve del senso di colpa come di un mezzo per controllare le persone.


Diventa importante indurre le persone a credere che possono fare sentire gli altri in un certo modo. Laddove il senso di colpa è usato come una tattica di manipolazione e di coercizione, è utile confondere lo stimolo con la causa.


Per farvi un esempio, i bambini che si sentono dire "fai star male la mamma e il papà quando prendi dei brutti voti" sono indotti a credere che sia il loro comportamento la causa del dolore dei genitori. La stessa dinamica può essere osservata nei rapporti di coppia: "mi hai davvero deluso quando non sei venuto per il mio compleanno.”

Non indurre il senso di colpa

La lingua italiana permettere utilizzo di tattiche che inducono il senso di colpa.

Diciamo: “mi fai arrabbiare”, “comportandoti in quel modo mi ferisci”, oppure: “mi sento triste perché hai fatto questo”.

Utilizziamo la nostra lingua in molti modi diversi per indurre noi stessi a credere che i nostri sentimenti siano il risultato di ciò che altri hanno fatto.

Il primo passo verso la piena espressione della rabbia consiste nel riconoscere che quello che le altre persone fanno non è mai la causa del modo in cui ci sentiamo.

Qual è la causa della rabbia?

La rabbia ha origine se ogni volta che siamo arrabbiati, cerchiamo di scoprire di chi è la colpa, giochiamo a fare la parte di un Dio che giudica o accusa l’altra persona di avere torto o di meritare una punizione. Suggerirei che è questa la causa della rabbia. Quindi, anche se inizialmente non ne siamo consapevoli, la causa della rabbia va localizzata nel nostro modo di pensare.

E allora cosa possiamo fare per cambiare questa concezione?

Bè, per prima cosa anziché rifugiarci nella nostra testa per effettuare un’analisi mentale dei torti altrui, scegliamo di metterci in contatto con la vita che c’è in noi, facciamo brillare la luce della consapevolezza sui nostri sentimenti e bisogni personali.

Questa luce, questa energia vitale è tanto più tangibile ed accessibile quanto più ci concentriamo su ciò di cui, in un determinato momento, abbiamo bisogno.

Ad esempio, se un’amica arriva in ritardo a un appuntamento e noi avevamo bisogno di essere rassicurati del fatto che a lei importasse qualcosa di noi, potremmo sentirci risentiti.

Se, invece, il nostro bisogno è quello di impiegare il nostro tempo in modo costruttivo, potremmo sentirci frustrati. Se, d’altronde, il nostro bisogno è quello di avere 30 minuti di tranquilla solitudine, potremmo sentirci grati per il suo ritardo e niente affatto arrabbiati.


Non è il comportamento dall’altra persona che causa il nostro sentimento, bensì è il nostro bisogno.


Quando siamo connessi al nostro bisogno, sia esso un bisogno di rassicurazione, di costruttività o di solitudine, siamo in contatto con la nostra energia vitale. Potremmo allora avere sentimenti forti, ma non saremo mai arrabbiati.

La rabbia è il risultato di un modo di pensare che aliena dalla vita, scollegato dai bisogni. La rabbia indica che ci siamo spostati su, nella nostra testa, per analizzare e giudicare qualcuno, invece di concentrarci su quello di cui abbiamo bisogno e che non stiamo ricevendo.

Ci sono circostanze in cui la rabbia è giustificata?

La mia risposta è semplice: sono fermamente convinto che serviremo meglio la vita se ci concentrassimo sui nostri bisogni. Ritengo che ogni tipo di rabbia sia il risultato di un modo di pensare che aliena dalla vita e provoca violenza.


L’essenza della rabbia è un bisogno che non viene soddisfatto.


La rabbia è preziosa

Sì, solo però se la utilizziamo come un campanello d’allarme per svegliarci, per accorgerci che abbiamo un bisogno che non viene soddisfatto e che stiamo pensando in un modo che ne rende improbabile la soddisfazione.

La piena espressione della rabbia richiede la piena consapevolezza del nostro bisogno. Però è necessario avere dell’energia per soddisfare tale bisogno.

La rabbia, tuttavia, assorbe la nostra energia dirigendola verso la punizione delle altre persone anziché verso la soddisfazione del nostro bisogno. Questo porta a tanta violenza, perché le persone credono che il loro dolore derivi dagli altri e che, di conseguenza, essi meritino di essere puniti.

Anziché provare una giusta indignazione, vi suggerisco quindi di connettervi empaticamente ai vostri bisogni personali o a quelli degli altri.

Questo può richiedere molto esercizio, per mezzo del quale, più e più volte, dovremmo sostituire consapevolmente la frase “sono arrabbiato perché loro…” con un’altra espressione, ovvero “sono arrabbiato perché ho bisogno di…”.

Hai letto un estratto dal libro:

Ascolta la puntata del podcast RICOMINCIO DA 3 dedicata a questo libro:


Ultimi commenti su Il vero motivo - che molti di voi non sanno - per cui ci arrabbiamo

Recensioni dei clienti

Baristo T.

Recensione del 27/05/2025

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 27/05/2025

È una riflessione molto interessante, in effetti quando ci si arrabbia è sempre per qualcos'altro, o qualcun altro e quasi mai per noi stessi. Bisognerebbe prenderla con più filosofia e magari essere un po' più onesti, magari iniziando da se stessi. Grazie per questo estratto.

Gilia M.

Recensione del 16/05/2025

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 16/05/2025

Credo anche io che bisognerebbe sempre contare fino a 100 prima di prendersela con la causa sbagliata, che in genere è una persona, anche noi stessi, e capire cosa ha scatenato la rabbia per risolvere il motivo reale.

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