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Il dottor Stefano Manera ci racconta la sua esperienza con la morte

Pubblicato 2 anni fa

Nel suo ultimo libro ci insegna a guardare alla morte ogni giorno, per assaporare tutti gli attimi della vita

Nel Libro tibetano dei morti, tra la morte e la nascita esiste uno stato intermedio chiamato bardo, di natura fondamentalmente onirica, che ci tiene prigionieri nelle nostre forme-pensiero.

Il risveglio consiste nella comprensione della natura illusoria, vuota, di ciò che chiamiamo realtà e della comprensione di quanto la mente ci costringa a restare invischiati nelle sabbie mobili dell’illusione, delle credenze, delle aspettative e dei rimorsi.

Non comprendere questa semplice, ma nello stesso tempo complicatissima verità, ci impone continui ritorni, gettandoci nel gorgo del karma, come se fosse un imbuto in cui ci troviamo a cadere, senza mai riconoscerci, senza mai aprire gli occhi con la volontà di osservarci allo specchio, per poi fare ritorno, a seconda delle nostre azioni passate, a quel fenomeno cristallizzato che chiameremo vita.

Karma, letteralmente, significa “azione” e corrisponde, né più né meno, al principio universale di causalità di cui parla la scienza moderna con la differenza che nel buddismo il karma non si limita alle cose che possono essere viste o misurate, ma si riferisce anche agli aspetti invisibili o spirituali della vita, alle sensazioni o alle esperienze di felicità o miseria, gentilezza o crudeltà.

Il karma non è qualcosa che ci piomba improvvisamente in testa dall’alto, lasciandoci storditi e facendoci vivere quindi oppressi dalla colpa e dall’incertezza, ma è totalmente dipendente da noi, permettendoci di acquisire la consapevolezza che il destino è nelle nostre mani e che noi possiamo trasformarlo al meglio in ogni momento.

Il karma è in costante divenire, è azione la cui conseguenza prende il nome di samsara, la ruota in cui ci troviamo a girare. Karma e samsara sono le leggi inevitabili di causa ed effetto, per mezzo delle quali tutti gli esseri viventi raccolgono i frutti delle loro azioni e dei loro pensieri per poi rivivere in funzione di essi; noi creiamo samsara dal karma finché respiriamo, perché nessuno è al di là del movimento, nemmeno per un secondo. I vivi e i morti non vedono le cose come sono ed entrambi vivono imprigionati nella dimensione del sogno.

La ruota del samsara è la stessa ruota che genera la sofferenza, nello stesso modo in cui una dinamo genera elettricità: lo vedo in me chiaramente.

In questo tempo che bistratta l’amore, la narrazione – intendo esattamente l’arte del narrare – equivale al trattenere la sabbia nelle mani, è promessa di ritorni, è rimestìo di ricordi per percepirne nuovamente il profumo. La narrazione che può essere scrittura, musica, arte visiva o racconto.

La prima volta che conobbi la morte ero molto piccolo; avevo tre anni e vidi morire mio nonno davanti ai miei occhi. Ricordo quella sera come se fosse ieri. Ne ricordo la luce soffusa, i rumori e quasi la consistenza dell’aria.

Io ero seduto sul piccolo divano del salotto e la nonna stava lavando i piatti in cucina. Ricordo l’odore di quel salotto. Avevamo da poco finito di cenare e la televisione trasmetteva a volume bassissimo un vecchio programma in bianco e nero. Tutto fu improvviso e non potei capire. Chiamai la nonna: “Il nonno sta male”. La nonna che pronunciava il suo nome, una, due, tre volte con tono sempre più forte. Il corridoio buio. Sconosciuti che entravano in casa. Il divano.

Un giorno mentre stava bagnando i gerani sul balcone, chiesi alla nonna dove fosse il nonno.

Immagino che una domanda del genere da parte di un bambino di tre anni generi molta tenerezza e ho ben presente ancora la sua risposta, col dito teso a indicare il cielo: «Lassù tra le nuvole che ci guarda, è tornato a casa».

A casa. Non chiesi più altro, né quel giorno, né mai.

Nella mia vita, la morte è sempre stata molto presente e per una strana ironia del mio destino, l’ho scelta anche come compagna nel mio lavoro.

Ho davanti ai miei occhi tantissime storie: in fin dei conti in 16 anni trascorsi in un reparto di rianimazione è impossibile che non sia così.

La differenza la fa il modo in cui guardi la morte, il modo in cui ti ci siedi a tavola per farci quattro chiacchiere e il momento in cui comprendi che lei ti osserva e ti accompagna, costantemente, aspettandoti con molta pazienza e tenace sicurezza. […]

I ricordi ci accompagnano per sempre, scherzi della prospettiva, immagini fantastiche del passato, riflessi dello specchio della memoria. Conviviamo con i ricordi, ma non dobbiamo vivere di ricordi.

Ancora oggi, quando guardo le nuvole, mi chiedo se il nonno e tutte quelle anime che prima e dopo di lui ci hanno salutati siano lì, insieme, e sotto quale forma. Chissà.

Guardo il cielo con tenerezza e non lo vedo più così distante come allora, perché giorno dopo giorno lo osservo farsi più vicino, azzurro, terso, cristallino e non ne provo paura.

Adesso, a distanza di più di 40 anni, ringrazio di aver vissuto quella notte, di essere stato presente inconsapevole di un evento che avrebbe cambiato la mia vita, riempiendola di senso.

Ringrazio per lo spazio che si è aperto, per l’uscita rapida dal privilegio, per le strade che ho dovuto, voluto, potuto prendere.

Ringrazio per quello che ho ereditato, per la vulnerabilità e per i talenti che ho saputo riconoscere e per quelli che non sempre sono riuscito a utilizzare. […]

La vita è fatta di attimi presenti, tanti punti che uno dopo l’altro compongono un trattino, l’unico che realmente conta, quello compreso tra il giorno della nostra nascita e quello della nostra morte.


Ultimi commenti su Il dottor Stefano Manera ci racconta la sua esperienza con la morte

Recensioni dei clienti

Gilia M.

Recensione del 15/05/2025

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 15/05/2025

Credo anche io che la differenza stia nel modo in cui la si guarda, la morte. Dipende anche dai trascorsi che abbiamo avuto nel tempo, tantissimo dal primo approccio e anche tanto da chi ci è stato vicino in quel primo momento.

Barbara T.

Recensione del 15/05/2025

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 15/05/2025

Senza saperlo è una cosa che faccio da sempre proprio per "demonizzare" la morte e in effetti si vive meglio. Grazie per tutte le spiegazioni estremamente interessanti.

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