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Fame nervosa e Binge Eating: la parola all'esperto

Pubblicato 1 anno fa

Il Disturbo da Binge Eating (BED) è una patologia cronica e complessa, che non può essere curata seguendo dei consigli generici. Ecco quindi una chiara spiegazione della patologia e un elenco ragionato di punti da tenere a mente se soffrite di BED o se pensate che ne soffra una persona a voi cara

Tutti noi conosciamo qualcuno che “lotta con le diete da tutta la vita” ma, se ci guardiamo da più vicino, tutti noi abbiamo provato, almeno una volta nella vita, la sensazione di “fame nervosa”: quella sensazione per cui mangiamo qualcosa, di solito un alimento molto confortevole – ad esempio uno snack dolce e cremoso o croccante e salato – senza avere fame e senza avere bisogno di energie.

In questo articolo vedremo che la fame nervosa, quando diventa persistente e incontenibile, può diventare una vera e propria malattia: il cosiddetto Disturbo da Binge Eating (BED) o, come viene solitamente tradotto in italiano, il Disturbo da Alimentazione Incontrollata o Disturbo da Alimentazione Compulsiva.

Indice dei contenuti:

La storia di Antonietta

Quando entra in studio, Antonietta viene subito al punto: «Ho 40 anni, sono la campionessa mondiale delle diete ma, tra una dieta e l’altra, tra un buon proposito e l’altro, sono ormai anni che mi capita di sgarrare».

Chiedo ad Antonietta cosa voglia dire per lei “sgarrare”: «A volte sgarro di brutto: prendo il pacco dei grissini, tiro fuori un pacchettino da 12 grammi, perché, dopo anni di diete, so tutto di grammi e calorie, e mi butto sul divano, finalmente rilassata dopo una lunga giornata. Mangio il pacchettino in un soffio, ne prendo altri tre, li mangio ancora più velocemente e a quel punto mi dico che ormai la giornata è persa, tanto vale esagerare. Mangio allora tutta la busta dei grissini, poi quella dei biscotti, poi finisco il pane avanzato, pucciato nella maionese; poi un bel pezzo di formaggio e, da ultimo, una bella vaschetta di gelato».

Le chiedo poi come si sente in quei momenti. Una sensazione difficile da raccontare: «Non saprei neanche dirle la sensazione che provo: a volte mi sembra di esagerare e di abbuffarmi e di rendermene conto; altre volte mi sembra di essere in una specie di trance, tranquilla ma contemporaneamente irrequieta, e quasi non mi accorgo di tutto quello che sto mangiando.

Altre volte, invece, non si tratta proprio di abbuffata, ma di una “giornata storta”: faccio colazione come da dieta, con quattro fette biscottate e uno yogurt magro ma, andando al lavoro, mangio una brioche alla panetteria che trovo sulla strada - la panetteria è il mio “rifugio dei peccatori” - e, già che sono lì, prendo anche un quadratone di focaccia con l’idea di mangiarlo per il pranzo. Alla fine, la focaccia la sgranocchio in mattinata mentre lavoro e per pranzo, per tornare a sentirmi a dieta, prendo un’insalatona semplice insieme ai colleghi.

Al pomeriggio torno a sentirmi un’anima in pena: tento di placare il desiderio di smangiucchiare con una lattina di Coca Zero e qualche gomma da masticare, ma non sono neanche le quattro del pomeriggio che cominciano i viaggi alle macchinette dell’ufficio: tarallini e torno alla scrivania, poi crackerini e ritorno alla scrivania, poi cioccolatini e ritorno alla scrivania giurando a me stessa che non mi rialzerò più, poi ancora waferino e, giusto per pulire la bocca, un bel succhino di frutta [tra l’altro: avete notato che, quando mangiamo cose che non dovremmo mangiare, usiamo vezzeggiativi che finiscono in “-ino” o in “-ello”? Sarà forse per sentirsi meno in colpa?; N.d.A.]. 

In ogni caso, a quel punto so già che la dieta è andata a quel paese e che, per cena, ordinerò un delivery di quelli pesanti».

Questa apparente contraddizione tra un pensiero razionale, lucido e consapevole, e una spinta incontrollata verso il cibo, mi fa chiedere ad Antonietta di spiegarmi quali sono le forze che sente muoversi dentro di sé. Mi risponde, con una piccola lacrima che le scende sul viso: «Sono anni che, dentro di me, convivono due anime: l’anima bianca, solare e chiacchierona, efficiente, attentissima all’ultima tendenza in fatto di dieta e fitness, che a cena fuori con gli amici mangia bocconi da passerotto e ordina sempre l’insalata scondita.

C’è poi l’anima nera, che mangia più svelta di come respira quando è in affanno, totalmente sorda e cieca al senso di pienezza che fa urlare lo stomaco e che, anche se non ha fame, si riempie solo per regalarsi un momento di consolazione o per combattere una giornata di noia; e che, alla fine della mangiata, si fa talmente schifo che si seppellirebbe sotto terra pur di nascondersi a se stessa prima ancora che agli altri.

Attenzione però: l’anima nera si fa vedere sempre e solo nelle stanze segrete di casa. Al lavoro, sì, mi chiamano “Antonietta dieta perfetta”... belli antipatici quelli che mi chiamano così... perché sgranocchio sempre qualcosa, ma nessuno può immaginare, neanche lontanamente, la quantità di cibo che riesco a mangiare senza neanche accorgermene».

Il Disturbo da Binge Eating (BED)

Il BED di Antonietta è il più “giovane” dei disturbi alimentari: è stato riconosciuto solo nel 2013, con la pubblicazione dell'ultima versione della classificazione internazionale delle malattie mentali (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, quinta edizione, DSM-5), come un disturbo con una sua propria autonomia diagnostica.

Ecco le sue caratteristiche principali

  • Diversamente da anoressia e bulimia, che riguardano le donne per circa il 90% dei casi, il BED colpisce uomini e donne in egual misura (50 e 50%).
  • Diversamente da anoressia e bulimia, che iniziano soprattutto in età adolesescenziale – tra i 14 e i 25 anni – il BED comincia in età più adulta, tra i 35 e i 50 anni.
  • Come ci ha raccontato Antonietta meglio di qualsiasi trattato sulle malattie, si parla di BED quando non si riesce a controllare il cibo che si mangia e quando si usa il cibo come regolatore emotivo: non si mangia per fame ma per noia, rabbia, tristezza o senso di vuoto.
  • Nel BED non si controlla il cibo che si mangia e non si mettono in atto meccanismi di compenso come, ad esempio, l’attività fisica intensa e costante. Per questo motivo, chi soffre di BED è quasi sempre sovrappeso e, molto spesso, soffre di obesità anche grave.
  • Le parole-chiave del BED, come ci ha spiegato Antonietta, sono “senso di impotenza” (“dovrei fare la dieta ma già so che non ce la farò”) e senso di vergogna (“quando mangio senza controllarmi mi faccio schifo e cerco di nascondermi”).

Per tutti questi motivi, soprattutto gli ultimi due, è fondamentale sapere cosa dire (e, soprattutto, cosa non dire) a una persona che soffre di BED.

Prima regola mai commentare e mai giudicare

Può capitare a tutti di fare commenti maldestri del tipo “Ma quante schifezze mangi? Smettila di mangiare!” oppure “Ma ti vedi come sei ridotto/a? Sei talmente grasso/a!”.

Sono sicuramente frasi maleducate e poco rispettose dell’altro ma, come avete letto nel titolo, non siamo qui per giudicare gli altri. La domanda fondamentale da porci di fronte a commenti di questo tipo è se si tratta di comportamenti utili o inutili per aiutare una persona che soffre di BED, ad esempio per darsi una sferzata verso il cambiamento.

Gli studi scientifici danno una risposta precisa e senza margini di dubbio: sia che siate dei pettegoli che si divertono a giudicare il prossimo, sia che siate dei buoni samaritani che vogliono aiutare il prossimo facendogli capire la retta via e quella sbagliata, commentare o giudicare l’aspetto corporeo o il cibo che si mangia è totalmente inutile.

Perché totalmente inutile? Perché, in ogni caso, il commento e il giudizio ci inducono a obbedire, o a ribellarci, a un’imposizione esterna, allontanandoci sempre di più dall’unica vera bussola in grado di guidarci verso un’alimentazione salutare e consapevole: la bussola delle nostre sensazioni interne, la cosiddetta consapevolezza enterocettiva.

Alleniamoci alla consapevolezza enterocettiva

Mi piace molto il concetto di consapevolezza enterocettiva (CE), perché ci indica la strada utile da percorrere per ritrovare il giusto controllo della nostra alimentazione. Ecco cosa significa consapevolezza enterocettiva:

  • capacità di riconoscere le nostre sensazioni interne di bisogno (fame e sazietà soprattutto, ma anche stanchezza fisica e bisogno di riposarsi);
  • capacità di riconoscere le nostre emozioni interne (gioia, rabbia, tristezza, noia, stupore ecc.);
  • infine, la cosa più importante, capacità di distinguere le une dalle altre.
  • Cosa succede se la nostra CE funziona male? Succede che potremmo ritrovarci a mangiare per noia o per rabbia, con la sensazione che, pur senza sentire fame, ci viene da mangiare senza controllo.
  • primo consiglio di allenamento: tempo, tempo, tempo

Il più potente stimolo alla sazietà non costa nulla ed è sempre a nostra disposizione: è il tempo.

Pensate alla differenza abissale tra mangiare in fretta un sacchetto di patatine e mangiarlo lentamente, masticando ogni patatina a lungo e rimanendo concentrati sulle sensazioni che il nostro corpo ci trasmette. Quando mangiamo in fretta, tutto scorre in maniera diciamo così “robotizzata”: prendiamo una patatina, rimaniamo affascinati dalla botta di sapidità e croccantezza e, quando la croccantezza sta per finire, siamo pronti per la patatina successiva.

E quando il sacchetto sta per finire? Nessun problema: ci puliamo la bocca con una bella sorsata di bevanda gassata (se ci fate caso, le aziende che producono bevande gassate spesso producono anche patatine).

Qual è il problema della modalità robotizzata? Che l’eccesso di velocità nel mangiare patatine ci ha reso ciechi e sordi rispetto a molte sensazioni interne. Quindi la nostra consapevolezza enterocettiva rimane decisamente fuori allenamento.

Proviamo adesso a mangiare una patatina molto lentamente, masticandola a lungo e lasciando che ogni piccola parte della patatina venga a contatto con la meravigliosa complessità dei nostri sistemi olfattivo, gustativo e tattile.

Le cose sembrano molto diverse: l’affascinante sapidità diventa stucchevole salinità; la stuzzicante croccantezza diventa poltiglia viscida; il sapore, per nulla invitante, dell’olio da frittura industriale si presenta al nostro palato come uno sgradito ospite che arriva alla fine e guasta la festa.

Questa è la forza, rivoluzionaria se bene allenata, della consapevolezza enterocettiva: senza bisogno di sapere nulla di tabelle nutrizionali, contenuto calorico, di sale o di grassi, riuscirete a capire la reale qualità di un alimento semplicemente degustandolo con molta (ma molta) calma.

Quindi, in generale, datevi il tempo di capire le insidie della patatine ma non solo: tutti gli alimenti raffinati di produzione industriale, i cosiddetti alimenti ultra-processati (Ultra Processed Foods, UPF), possono nascondere insidie per il nostro palato e la nostra salute, soprattutto quando soffriamo di BED.

La cura del BED

Il BED è una patologia cronica e complessa, che certamente non può essere curata seguendo i consigli di questo articolo. Voglio però lasciarvi un elenco ragionato delle cose principali da tenere a mente se soffrite di BED o se pensate che ne soffra una persona a voi cara.


Cosa non fare mai

  • Inneggiare alla forza di volontà
    L’alimentazione incontrollata è come l’attacco di emicrania: non serve dirsi “mi sforzo e lo faccio passare”. Quindi non ascoltate chi banalizza il vostro malessere dicendovi “mangi troppo? Sforzati di mangiare di meno” e, soprattutto, non colpevolizzatevi quando non riuscite a controllare quello che mangiate. Il BED, esattamente come l’emicrania, va curato e non va né giudicato né colpevolizzato.

 

  •  Mettersi a dieta “perché questa volta mi impegno e ce la faccio”
    Che sia estrema o che sia bilanciata, una dieta ci fa comunque obbedire a uno schema e, di conseguenza, ci allontana dal più importante antidoto all’alimentazione incontrollata: la consapevolezza enterocettiva.
    Quindi fate un bel falò dei vostri schemi dietetici e fatevi aiutare ad allenare la CE e, di conseguenza, a spostarvi da uno stile alimentare disordinato a uno stile alimentare più intuitivo, ovvero che tenga conto delle vostre sensazioni ed emozioni interne.


Cosa fare sempre

  • Affrontare il BED come una qualsiasi altra malattia fisica
    Le malattie croniche e complesse come il BED sono il risultato di una miriade di concause differenti. Quindi non perdete tempo ed energie a cercare vittime o colpevoli e cercate di afforntare il BED come una qualsiasi altra malattia: curandovi con l’aiuto di professionisti esperti.
  • Farsi curare da un’equipe multidisciplinare
    Spessissimo le terapie del BED sono terapie “spezzettate”: si va prima dal dietologo, poi magari dallo psicologo, poi ancora dal dietologo, poi alla fine anche dallo psichiatra. Non è questo il percorso migliore: molto meglio, fin dall’inizio, farsi seguire da un’equipe multidisciplinare dove almeno tre professionisti – un medico, un nutrizionista e uno psicologo – lavorano insieme per affrontare il BED come deve essere affrontato, tenendo conto sia dei sintomi, fisici e psicologici, sia delle abitudini alimentari.

  • Non essere mai soli
    La solitudine, oltre che essere amica dell’ansia e nemica del buonumore, lascia il nostro organismo in uno stato di irritazione cronica. Per questo motivo le persone sole si ammalano di più anche fisicamente, ad esempio per malattie cardiovascolari, demenza o abbassamento delle difese immunitarie.
    Nel caso specifico del BED, essere soli significa rimanere avvolti dai fantasmi del pregiudizio, della vergogna e del senso di colpa, con un vissuto di impotenza e scarsa efficacia che si auto-alimenta: più mangiamo in maniera incontrollata più ci isoliamo dagli altri, e più ci isoliamo dagli altri e più mangiamo in maniera incontrollata.

Per questo motivo, se soffrite di BED o siete vicini a qualcuno che ne soffre, cercate, come prima cosa, di riconnetervi. Magari ritrovandovi in cucina e preparando un piatto di verdure gustose e stuzzicanti che, come già sapete, sono il primo passo per una vita più sana, da un punto di vista sia fisico sia mentale.


Ultimi commenti su Fame nervosa e Binge Eating: la parola all'esperto

Recensioni dei clienti

Gilia M.

Recensione del 11/12/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 11/12/2024

Arrivati a livelli patologici sicuramente è necessario intervenire, ma sono tutte “malattie” moderne date dal troppo di tutto, il benessere in primis, perché sono sicura che in molti posti in Africa, Sud Est Asiatico, zone di guerra, Sud America, Polinesia ecc, non ci siano questi problemi, anzi sono di carattere opposto e sono molti di più.

Baristo T.

Recensione del 07/02/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 07/02/2024

Ci sono momenti in cui arriva un orario e pensi che ti mangeresti di tutto, in genere schifezze. Ne ho sofferto quando sono andata ad abitare da sola e la solitudine fa aumentare tanti piccoli disturbi che se non curati, diagnosticati o altro si sommano e alla fine portano a quelli alimentari. Per carità, una cosa piccola, ne sono uscita da sola, ma forse non del tutto perché c'è stato un periodo in cui mangiavo velocemente! Forse anche questo è un disturbo alimentare! Cerco di andare più lentamente oggi, i tempi in cui mangiavo una pizza in 60 secondi e 250 g di pasticcini in 20 sono andati, comunque chi mi conosce dice che io non mangio, divoro! Bisogna sempre chiedere aiuto, non è una cosa negativa anzi, anche solo parlarne serve. Grazie per tutte le informazioni utili che possono aiutarci a capire meglio questo disturbo.

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