Dalla sua nascita, e per molto tempo, Internet è sempre stato uno spazio in cui chiunque poteva dire e fare ciò che voleva. Poi, una mattina, ci siamo svegliati in 1984. È il 2020, primo lockdown.
I social network e le piattaforme digitali, fino a quel momento, si erano limitati a una censura molto leggera, oscurando contenuti palesemente illegali che avrebbero turbato l'opinione pubblica in maniera inequivocabile, come gli atti di bullismo o le riprese di violenza. Di punto in bianco, virano in una direzione completamente diversa.
Iniziano a oscurare profili e pagine social, censurare post, articoli, contenuti e video. Canali YouTube demonetizzati o persino cancellati. È stato impedito di pubblicare, commentare. Contenuti già pubblicati sono stati eliminati. Situazioni di questo genere si sono moltiplicate sempre di più negli ultimi mesi, sui social, sulle piattaforme video, sui blog, inibendo il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero. E persino di fare informazione. Perché questa censura, questo nuovo e moderno "Tribunale dell'Inquisizione", si è scagliata contro politici - il celebre caso Trump -, giornalisti indipendenti, esponenti e realtà della controinformazione, personaggi pubblici che hanno dato voce a proprie opinioni controcorrente, fino ai cittadini.
Complice la pandemia, le piattaforme digitali private hanno iniziato a rimuovere qualsiasi contenuto considerato illecito o ritenuto dubbio dagli algoritmi, principalmente in merito al Covid-19 ma non solo. Perché?, viene da chiedersi. Perché, dicono, violerebbero le "regole della community".
In questo scenario si apre Censura. Come reagire all'Inquisizione Digitale, un saggio che ripercorre gli avvenimenti che dal 2020 a oggi hanno segnato la storia della libertà di espressione online, un libro che cerca di spiegare i meccanismi in atto per creare un'informazione certificata, l'unica lecita per il catechismo mainstream, e per portare cittadini e realtà informative ad autocensurarsi.
E così il web per anni "celebrato come un mezzo di democratizzazione e di emancipazione senza precedenti" è diventato uno spazio in cui social network e piattaforme private diventano sempre più potenti, arrivando a influenzare persino l'ambito politico. Ma soprattutto, un luogo in cui, attraverso la privazione della privacy e il monitoraggio costante, si spingono "gli individui ad autocensurarsi, sapendo di essere sempre sotto controllo" e "una società in cui tutti sanno di essere osservati è una società repressiva che castra sul nascere la spontaneità, la creatività, il dissenso, in poche parole l'impulso alla libertà dell'essere umano."