Lo Yoga è una disciplina per forti.
Si nasce, si muore sul tappetino, e durante sperimentiamo tutta la gamma degli elementi che danno forza alla vita.
Sì, ci sono i muscoli, ma c'è bisogno anche di intento e ardore (tapas). C'è bisogno di far circolare il respiro nel corpo (vayu) e non solo nel corpo fisico, ma anche attraverso tutti gli involucri che custodiscono il nostro spirito (kosha).
A pag. 25, il maestro Silvio Bernelli propone una pratica - dedicata a esplorare il percorso del corpo - dove lo yoga semplicemente accade. Dove la forza muscolare e pranica manifesta il vigore, lasciandoci addosso una compassione gentile.
Come non cadere nella trappola della pratica "body design", perfezionando oltremodo posizioni yoga spettacolari? Come evitare una corsa all""armamento del corpo" alla stregua della chirurgia estetica?
Come trarre pace costruttiva dall'esperienza dell'asana, senza intraprendere una competizione tra noi e il nostro vicino di tappetino? Martina Fragale, a pag. 22, ci racconta la differenza tra essere forti e forzare nello Yoga.
La forza dello yoga si manifesta soprattutto quando entriamo consapevolmente nella modalità di "essere e stare" (il luogo da cui fuggiamo più volentieri o che facciamo finta che non esista).
A pag. 52, Maria Beatrice Toro ci illustra l'enorme gap percettivo ed esistenziale delle due prospettive contrapposte, tra la dimensione del fare e quella dell'essere.
Una pratica di consapevolezza e meditazione "per una rivoluzione a trecentosessanta gradi in cui sarai centro e periferia, presente ed eternità".
Saper risiedere nell'immobilità dell'essere è sicuramente la lezione più difficile dello Yoga.
A pag. 60, il Dott. Lionel Coudron ci parla della difficoltà psico-anatomica delle posizioni immobili nella Yoga Terapia.
State forti, state gentili.
Namasté
Guido Gabrielli