Catturato con l'accusa di essere una spia nel 1939, il ventiquattrenne tenente Slavomir Rawicz della cavalleria polacca viene incarcerato dai russi. Al processo, dopo un anno di durissimo carcere, viene condannato a venticinque anni di lavori forzati in Siberia.
Riuscirà a fuggire con altri sei prigionieri e con loro affronterà 6500 chilometri di marcia estenuante attraverso deserti e montagne.
Tra i pochi a sopravvivere, arriverà fino in Tibet dove verrà accolto e curato insieme ai suoi compagni inglesi.
Chi sa quanto sia variabile il clima e quanto sia elastica la reazione culturale dell'uomo ai suoi mutamenti, sarà in grado di comprendere meglio il dibattito che si sta svolgendo in questi anni sul Riscaldamento globale.
Gli uomini sono figli dell'Era glaciale: solo quando il freddo intenso dell'ultima glaciazione cominciò a stemperarsi, oltre 10000 anni fa, iniziò la coltivazione, e con questa l'urbanizzazione e – in definitiva – l'inizio della storia.
Può apparire paradossale, ma è stato il riscaldamento del clima a crearci. Nel corso di tutta la storia umana, d'altra parte, il clima non è certo rimasto stabile e i suoi effetti sulle culture sono stati enormi.
Non si può prescindere dalle condizioni climatiche nello studio delle civiltà, dei popoli, delle guerre, delle migrazioni, delle carestie, delle religioni e persino dell'arte e della letteratura. Diventa sempre più chiaro che il clima della Terra è parte integrante e motore inconsapevole dello sviluppo storico, politico e culturale dell'uomo e Wolfgang Behringer lo dimostra per la prima volta in forma estesa, con chiarezza e abbondanza di esempi.
Una cosa è il cambiamento del clima, altra è la risposta culturale dell'uomo al mutare delle temperature, nel freddo Cinquecento come nel caldo odierno.