<p>Incollo qui sotto gli articoli che parlano del libro di Alice Banfi. </p><p>1 luglio 2008 Pensa alla salute di Roberto Satolli <br />E' ora di smettere di legare i matti Giorni fa, in una piccola libreria stipata e torrida, ho ascoltato agghiacciato Alice Banfi, trentenne autrice di “Tanto scappo lo stesso – Romanzo di una matta”, leggere la sua esperienza di ricoveri a ripetizione dentro e fuori da una dozzina di reparti di psichiatria della penisola, nell'arco di diversi anni. Una descrizione asciutta, senza lacrime, ironica e persino amorevole di un inferno, di cui nessuno avrebbe oggi sospettato l'esistenza. I manicomi sono stati aboliti trenta anni fa grazie all'opera di Franco Basaglia, ma dietro le porte (quasi sempre chiuse) dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura le persone che hanno un disturbo mentale sono ancora oggi spesso trattate come se non avessero gli stessi diritti degli altri cittadini. I malati vengono legati al letto o chiusi in camerini di isolamento, con modalità che farebbero giustamente scandalo se venissero attuate su pericolosi criminali o sospetti terroristi: chi vuole capire può leggere le pagine di Alice, che sono un'occasione unica di vedere ciò che è normalmente sottratto agli occhi dei non addetti. E non è il racconto di una matta. Nella prefazione al libro, lo psichiatra di Trieste Peppe Dell'Acqua riferisce che l'Istituto superiore di sanità, pochi anni fa, ha organizzato una indagine nei 285 servizi psichiatrici italiani, fotografando quanto vi accadeva nell'arco di 3 giorni. Da quella ricerca risulta che 200 servizi dichiarano di usare comunemente mezzi di contenzione, e che in 85 vi era almeno una persona legata al momento della rilevazione, in un caso addirittura quattro contemporaneamente. Risulta anche che gli uomini sono legati più delle donne (ma in un centro era legata al letto addirittura una ragazzina di 14 anni) e gli immigrati, guarda caso, più dei locali. [...] Ma forse è un'ingenuità: qualsiasi proibizione sarebbe vanificata, senza un cambiamento generale di mentalità. Più che la repressione e le denunce contano gli esempi in positivo. La statistica dell'Istituto superiore di sanità già dice che nello stesso paese almeno 85 servizi riescono a fare a meno di legare i matti, nonostante che abbiano probabilmente gli stessi problemi organizzativi e le stesse carenze che vengono addotte altrove come scusanti. Sul sito del Forum di salute mentale (www.forumsalutementale.it) si trova un Club dei servizi psichiatrici “no restraint”, che conta al momento quindici centri, da Trieste ad Aversa, da Novara ad Enna. Sono luoghi dove i malati ricevono ascolto, sostegno, comprensione, senza lacci e senza porte sbarrate. Bisogna farli conoscere, per far crescere anche negli altri la volontà di fare altrettanto. </p><p>(Dal Corriere della Sera)<br />Corriere della Sera Fiorentino, Domenica 24 agosto 2008, Cultura: Letteratura: Il romanzo di una matta... che ci fa ridere Alice è forte come il dragone tatuato che le attraversa il corpo. Alice è matta, come dice stracciando il politicamente corretto. Fuma in continuazione, come nelle pagine del libro, parla, spiega ma interroga. "Tanto scappo lo stesso", sottotitolo "Romanzo di una matta" (ed. Stampa Alternativa, 10 euro) è la storia di Alice, che non attraversa il paese delle meraviglie,ma quello dell'incubo dei reparti psichiatrici dove assieme alle camice di forza farmacologiche si legano le persone (se li chiami pazienti, Alice ti guarda male) ai letti per ore e giorni. Tecnicamente si chiama contenzione, in concreto è una violazione dei diritti e della libertà personale molto più frequente di quanto si creda. Il disagio psichico non deve essere una condanna, racconta con sincerità e (auto)ironia Alice Banfi; basta saper ascoltare, accettare la diversità. [...] "Io ce l'ho fatta", scrive Alice. ...E perchè altri possano farlo, perchè non si ignorino i tanti piccoli manicomi pubblici e privati, Alice ci fa ridere e piangere. "Chi è il matto in questa storia?". Mauro Bonciani </p>