Prefazione
Quando comincio a parlare di iperglicemia o addirittura di diabete, il paziente seduto davanti a me assume un'espressione come per dirmi: "Lo sapevo". È come se gli venisse data la notizia che la punizione "divina" è arrivata, in una sorta di rito pagano; se l'aspettava, cosi è stato per sua madre, ed è lo stesso per lui. È già rassegnato.
Gli occhi esprimono che sta cercando di fare un passo indietro nella memoria, che è sempre a brevissimo termine: si sofferma sulla brioche mattutina, sembra buona anche quella dell'autogrill; nomina il vino con espressione sconcertata, sa di sbagliarsi - "cosa c'entra con lo zucchero?". E poi, una bottiglia, quanto gli dura! Il rito con gli amici, la festa...
Alla fine, sicuro, afferma: "Non possono essere i dolci, ne mangio talmente pochi...".
Sì, questo paziente sa che ci portiamo dietro, anzi dentro, nel nostro DNA i geni della predisposizione al diabete, ma forse non sa che se il suo comportamento alimentare fosse corretto, il diabete non gli verrebbe MAI.
Con questo presupposto parlare di una simile patologia potrebbe diventare noioso e punitivo. Eppure, sono convinto che si possa riuscire a difendersi anche da ciò che sta scritto nel nostro DNA.
Cambiare per curarsi, per vivere meglio. Cambiare per non subire l'invalidità di una malattia che "ci aspettavamo", e modificare l'approccio alla vita per tenerla sotto controllo.
Sento dire ai pazienti: "Se esagero a tavola mi faccio qualche altra unità di insulina", mentre raramente sento: "Mi impegno un po' di più con la corsa o la cyclette o porto il cane a fare un giro più lungo per ridurre l'insulina".
Di sicuro occorre responsabilizzarsi.
Una persona che seguo mi ha addirittura rimproverato perché, secondo lui, devo essere io a ricordargli gli accertamenti da eseguire, quelli periodici; e ha aggiunto che il controllo dei valori ematici necessari per una valutazione diabetologica è un problema che non gli compete.
Perché è più semplice ingurgitare pillole che ascoltarsi? Sono anche tante, queste pillole, visto che tenere sotto controllo la glicemia richiede somministrazioni ripetute; per non parlare dell'insulina, che equivale a entrare in un girone dei dannati costretti alla misurazione e alla programmazione.
Allora perché non provare l'approccio che vi proponiamo in questo libro?