Un libro che permette di assistere a uno straordinario dialogo tra le menti e i cuori di due uomini brillanti, attraverso e oltre i confini delle tradizioni culturali e religiose.
Non è una cosa da tutti i giorni vedere un monaco buddhista e maestro Zen, originario del Vietnam, fare conversazione con un prete gesuita americano. Se poi i due si chiamano Thich Nhat Hanh e Daniel Berrigan, vale sicuramente la pena di scoprire che cosa si siano detti.
Due poeti, provenienti da tradizioni diverse ma uniti da esperienze spirituali in certa misura simili. Entrambi si sono interrogati per anni sulle questioni fondamentali della loro epoca, la guerra, la pace e la perdita del senso di comunità. Durante gli anni terribili del conflitto in Vietnam, entrambi si sono battuti per ricordare al loro popolo gli insegnamenti dei grandi maestri, Buddha e Gesù Cristo.
Nei tempi difficili che stiamo attraversando, questo libro ha ancora molto da offrire agli uomini che credono nel potere del dialogo, della comprensione e dalla compassione.
Le parole dei due protagonisti continuano a brillare e a portare il loro messaggio di pace.
Dalla quarta di copertina
Daniel Berrigan e Thich Nhat Hanh hanno entrambi consacrato la propria esistenza alla lotta contro ogni forma di violenza.
Il primo - sacerdote gesuita, poeta e drammaturgo - finisce in carcere ben due volte per la sua protesta contro la guerra in Vietnam (1968) e per una dimostrazione antinucleare in un impianto missilistico della Pennsylvania (1980), oltre a subire la censura ecclesiastica. Il secondo - monaco buddhista vietnamita - vive tuttora in esilio in Francia da quando nel 1966 si recò negli Stati Uniti per discutere una soluzione pacifica al conflitto del Vietnam e il governo gli impedì di tornare indietro.
Per entrambi l'impegno per la pace è andato oltre i confini del proprio credo religioso, perché per entrambi è sempre stato fondamentale che nascessero e si sviluppassero «legami di una nuova solidarietà e di una nuova fraternità [...], al di sopra delle frontiere politiche, religiose, culturali, per congiungere i giovani di ogni Paese in qualcosa che è più concreto di un ideale e più vivace di un programma» (Thomas Merton, Thich Nhat Hanh è mio fratello).
La zattera non è la riva - raccolta delle conversazioni fra Berrigan e Thich Nhat Han registrate più di quarantanni fa (1974) a Parigi - riesce ancora oggi a trasmetterci quello spirito di compassione, saggezza e comprensione reciproca che dovrebbe animare ogni dialogo sul presente e il futuro della pace del mondo. E soprattutto, nella testimonianza di vita dei due religiosi, ci mostra come spiritualità e politica, idea e azione, possano e debbano incontrarsi affinché sia possibile «abbattere il ponte delle illusioni per poter costruire un vero ponte su cui gli esseri umani possano andare e venire dalla realtà» (Daniel Berrigan).