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La Scrittura del Dio — Libro

Discorso su Borges e sull'eternità

Igor Sibaldi



Valutazione: 4.5 / 5 (2 recensioni 2 recensioni)

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Descrizione

Un saggio che cerca di svelare un'autore ermetico ed impenetrabile quale era Jorge Luis Borges.

Chi è stato realmente lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, ritenuto uno dei più importanti del xx secolo?

A cosa alludeva nei suoi racconti fantastici, in cui miscelava tradizioni esoteriche, Alchimia, Cabala e idee metafisiche? Cosa intendeva suscitare nel lettore, qual era il suo scopo?

In questo libro, Igor Sibaldi offre la propria risposta, portando avanti una ri-narrazione dei miti creati da Borges e indagando il mistero profondo che si cela dietro La scrittura del dio, forse il racconto più significativo dell'autore argentino, in cui viene nascosto il legame profondo tra la scelta di scrivere e l'adesione al divino.

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Indice

La scrittura del Dio

  • La escritura del dios
  • Alvarado
  • Orbis Tertius
  • El tercer tigre
  • Il Dio della scrittura
  • Il mago e il nessuno
  • Piramidi
  • Il tesoro nascosto

Biografia
Opere di Igor Sibaldi
Spazio Interiore
Amuleti

Scheda Tecnica
Marca Edizioni Spazio Interiore
Data pubblicazione Marzo 2015
Formato Libro - Pag 96 - 10,5 x 16 cm
ISBN 8897864619
EAN 9788897864615
Lo trovi in Libreria: #Crescita spirituale #Metafisica #Esoterismo
MCR-NR 92362
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Estratto

La sorte che Borges si scelse, e che tenacemente si costruì con la speranza che servisse da esempio, è argomento di un suo racconto degli anni Quaranta (quand'era quarantenne), intitolato "La escritura del dios".

La trama è lineare: voce narrante nell'Escritura è un sacerdote e mago azteco, Tzinacàn: gli invasori spagnoli lo hanno rinchiuso in una cella profonda, divisa a metà da un muro.

In basso, nel muro, c'è una grata: e «da un lato del muro sto io, Tzinacàn, mago della piramide di Qaholom, che Pedro de Alvarado incendiò; dall'altro lato c'è un giaguaro, che misura con segreti passi sempre uguali il tempo e lo spazio della prigione»

Il conquistador Pedro de Alvarado vuole che il mago gli riveli dove sono nascosti i tesori del Tempio Mayor; l'ha torturato, invano: ora confida che la continua vicinanza della belva affamata sia un supplizio più astuto, e irresistibile.

Tzinacàn invece confida in Qaholom, il Dio Padre atzeco. Sa che Qaholom aveva scritto, fin dai giorni della Creazione, una frase incantatoria, atta a scongiurare qualsiasi sventura: dove il Dio l'abbia scritta, e con quali caratteri, nessuno l'ha ancora scoperto, ma Tzinacàn prega perché a lui, ultimo sopravvissuto del suo collegio sacerdotale, venga rivelata.

Dopo intense preghiere, intuisce che la frase magica è cifrata proprio nelle macchie del giaguaro che va avanti e indietro di là dalla grata. Evidentemente il Dio aveva fatto in modo che gli spagnoli scegliessero proprio quell'animale, per sgomentare il suo sacerdote: e confidava che Tzinacàn avrebbe capito. Ha allora inizio, nel racconto, lo studio della configurazione delle macchie.

Per anni (due pagine e mezzo) il sacerdote prigioniero vive decifrando sia quelle sia i sogni in cui si avventura ogni volta che il lavoro di decifrazione lo sfinisce. Finché sopraggiunge l'illuminazione: un'improvvisa
«unione con la divinità, con l'universo (non so se queste parole differiscano)»

Durante la visione Tzinacan vede e capisce ogni cosa: l'origine e la fine, la Ruota altissima di tutto ciò che sarà, che è e che c'è stato, e il volto di tutti i volti divini, e tutte le cause dell'universo, e i loro effetti, e anche la frase scritta sul giaguaro.

«È una frase di quattordici parole casuali (che sembrano casuali) e mi basterebbe pronunciarla ad alta voce per essere onnipotente: per abolire questo carcere di pietra; perché il giaguaro lacerasse Alvarado. Quattordici parole e io, Tzinacan, governerei le terre governate da Montezuma. Ma so che mai dirò quelle parole, perché non mi ricordo più di Tzinacan.

Muoia con me il mistero che è scritto en los tigres.

Chi ha scorto l'universo non può pensare a un uomo, alle sue meschine gioie o sventure, anche se quell'uomo è lui. Quell'uomo è stato lui e ora non gli importa più. Non gli importa la sorte di quell'altro, non gli importa la sua nazione, poiché, ora, egli è nessuno»

E qui il racconto termina.

Apparentemente, consiste nell'invenzione di un enigma - la frase, la sentencia màgica - e nella sua soluzione, la quale rimane segreta, divenendo dunque un enigma a sua volta.

Vi sono opere, per esempio i romanzi polizieschi, in cui «la soluzione del mistero è sempre inferiore al mistero» ; ma non è questo il nostro caso: ne La escritura del dios, Borges insiste troppo sulla «gioia di comprendere» , perché il lettore non desideri addentrarsi di più nel mistero del sacerdote. Inoltre, si ha da subito, limpida, la sensazione che siano enigmi anche il sacerdote stesso, e la prigione in cui è rinchiuso, e Pedro de Alvarado, e il Dio, e il giaguaro, il muro, l'attesa, il tesoro nascosto, la piramide, la visione, le quattordici parole, il silenzio, e anche quel diventare «nessuno» - che nel finale sembra voler sfidare chi legge: sei capace, tu, di non essere più te stesso?

Ed è nostro desiderio, nelle prossime pagine, indagare questi quattordici misteri, nessuno dei quali è soltanto se stesso, e trovarne le chiavi: per varie ragioni, la più complessa delle quali è che qualunque enigma (anche quelli in cui è cifrata la sorte di Borges) svela qualcosa di coloro che ne sentono parlare.

Igor Sibaldi, nato a Milano (dove vive tuttora) nel 1957 da madre russa e padre toscano, è scrittore, studioso di teologia e storia delle religioni. Ha pubblicato diversi romanzi presso Mondadori e curato l'edizione e la traduzione di numerosi classici della letteratura russa. ... Leggi di più...

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Recensioni

Valutazione media: 4,5 stelle su 5

Voto medio su 2 recensioni dei clienti

50% recensioni con 5 stelle 5
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Recensioni dei clienti

Jimmi F.

Recensione del 30/12/2022

Valutazione: 4 / 5

Data di acquisto: 24/08/2017

Questo libro è la trascrizione di una conferenza di Sibaldi sul grandissimo scrittore Argentino Borges. Borges era un vero e proprio sciamano del linguaggio. Ciò che ha attirato Sibaldi verso Borges è che quest'ultimo ha trattato spesso il tema della percezione e di come questa permetta la creazione del nostro mondo personale sia influenzato pesantemente dal modo in cui il linguaggio interagisce con la nostra coscienza. Per fare questo Sibaldi analizza quello che considera il racconto più emblematico in tal senso di Borges ossia la scrittura di dio, dissezionandolo con una precisione chirurgica e entrando dentro ai vari elementi che lo compongono come se fosse un vero e proprio detective posto di fronte ad un giallo, infatti il racconto stesso contiene una serie di misteri molto particolari che Sibaldi cerca di decifrare. Devo dire che fa venir voglia di leggere tutte le opere di Borges dopo aver letto questo breve saggio.

Daniele G.

Recensione del 12/08/2017

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 14/07/2016

Come tutti i libri di Sibaldi è davvero bello. Dell'autore preferisco più testi in cui non parla di altri autori ma ciò non toglie il grande lavoro e la bellissima lettura che si affronta con questo testo. Sibaldi riesce veramente a centrare e a spiegare il pensiero di Borges in modo esemplare facendo apprezzare notevolmente i suoi scritti. All'inizio è un po' pesante ma man mano che lo si legge il testo diviene sempre più scorrevole e chiaro.

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