Nonostante tutto il progresso della nostra società, la maggior parte di noi è profondamente infelice. E se la risposta fosse prendere un'altra direzione?
Cosa sarà che ci fa volere di tutto, anche se è di niente che abbiamo bisogno? Perché non troviamo pace? Finché inseguiremo il progresso, non la troveremo di certo. L'incontentabilità è segno di infelicità! Mentre ci seduce con promesse a cui sembra illogico dire di no, il progresso insidia i nostri bisogni più intimi e inestinguibili, quelli biologici. È un attacco sleale alla felicità.
Dal punto di vista di Madre Natura, il progresso è un capriccio inspiegabile: una creatura disdegna la vita per la quale è predisposta??? Un pesce non può vivere fuor d'acqua.
Contrastando la nostra natura ci infognamo nella devianza, ci abbrutiamo e smarriamo la sintonia col Cosmo. Le altre civiltà hanno avvertito la blasfemia del progresso e si sono fermate. Solo noi continuiamo a cavalcarlo con cieca voluttà; e non paghi, dato che progresso vuol dire anzitutto armi progredite, costringiamo le altre civiltà alla nostra stessa infelicità o a scomparire.
Tanta smania di progredire, cambiare, manomettere, sottomettere è sospetta: mentre ci raccontiamo di dirigerci verso un avvenire luminoso, inconsciamente vogliamo distruggerci? Se la Natura crea per tentativi ed errori, la civiltà industriale è il sistema "naturale" per eliminare l'errore? Si può fermare questo processo nichilista?
Comunque sia, invece di precipitarci alla cieca lungo una china senza ritorno, sarebbe il caso di aprire gli occhi e guardare anche ciò che non ci piace vedere. Vedere è il presupposto per reagire.
Questa lettera al Cuore confuso dell'uomo modernizzato è un'esortazione ad aprire gli occhi e vedere se per caso non sia proprio l'infelicità la molla che muove la nostra civiltà "vincente".