La fiducia nel corpo: Michelangelo e l'arte del «levare»
Fondato sulla fluida integrazione di esercizi posturali e dinamici con la respirazione, la visualizzazione e l'impiego della voce e del suono, questo metodo è stato sviluppato con lo scopo specifico di favorire la comunicazione diretta tra corpo, mente ed emozioni profonde.
Un training destinato a permettere dunque a ciascuno di avere accesso, in maniera semplice ma efficace, alle potenzialità nascoste del proprio corpo, come anche di scoprirne la bellezza originaria e di dare forma alla sua intrinseca espressività.
In una sola frase: ritrovare il nostro corpo per ritrovare noi stessi.
E ciò grazie a una «presa di coscienza» semplice e integrale al tempo stesso.
La scelta di lavorare partendo dal corpo nasce qui essenzialmente dalla necessità fondamentale di ripartire da un punto zero di noi stessi. Un punto zero assoluto, avendo fiducia dunque nella sola - forse veramente la sola e ultima -parte di noi spontaneamente «accordata» con il ritmo vitale dell'universo che ci circonda.
Una possibilità che esiste da sempre e sulla quale non poche civiltà arcaiche hanno costruito l'edificio del proprio essere sulla terra e dato forma alle proprie stesse dottrine spirituali.
Da questo punto di vista, nonostante l'oggettiva difficoltà per noi, uomini di oggi, di avvicinarci e di rimetterci istintivamente in contatto con il prezioso strumento del nostro corpo, quest'opportunità è, in realtà, tuttavia ancora pienamente offerta. Una possibilità preziosa, destinata a permetterci di immergerci nuovamente in una dimensione di esistenza «vera».
Una verità eloquente e diretta, capace di indicarci, in un solo istante e senza equivoci, il nostro posto nel mondo, i nostri limiti e le nostre potenzialità. Una verità capace, dunque, di farci comprendere con esattezza dove ci troviamo, così da conoscere dove possiamo effettivamente dirigerci.
Lungi dall'attitudine passiva e acritica tipica della New Age, l'approccio qui proposto si fonda al contrario essenzialmente su un rigoroso lavoro teorico e pratico di elaborazione personale, espressione delle mie ricerche come antropologo, performer e danzatore.
Con la forma di un metodo «aperto» e costantemente in fieri, la presentazione qui esposta non ha altra finalità se non quella di comunicare un'esperienza. Un'esperienza che, nel mio caso, mi ha permesso di mettere a nudo numerosi aspetti critici della mia personalità, di farmi evolvere come essere umano e, soprattutto, di rendere la mia vita pili ricca, viva e autentica.
Effettivo cammino di ricerca, questo metodo si configura inoltre come uno strumento volto a «dar voce» alle nostre istanze più nascoste.
Quanti di noi gridano infatti dalla più profonda interiorità, incapaci di ascoltarsi o di permettere a questo stesso grido di salire in superficie per farsi udire come desidererebbe? Per quanto tempo ancora riusciremo a fingere di nulla udire e di nulla sentire? A continuare come se questa stessa voce che ci lacera e interpella, non sia altro che un'allucinazione senza fondamento?
Con la forma di un itinerario d'ascolto del nostro corpo e delle nostre emozioni, il training che presento qui si propone dunque di insegnarci a utilizzare il nostro corpo come il più diretto ed efficace strumento per avvicinare e guarire la nostra anima. È a partire da questa premessa che il training può veramente trasformarsi in un mezzo concreto in grado di aiutarci a evolverci in pieno accordo con la nostra identità e natura profonde.
Nulla di artificiale in questa prospettiva. Nulla da aggiungere o da imparare di nuovo, come se si trattasse di ampliare la nostra collezione di conoscenze o di soddisfare la nostra insaziabile fame bulimica di esperienze.
Qui siamo di fronte all'esatto opposto.
Il training si fonda in effetti, per lo meno nelle sue fasi iniziali, su un radicale e profondo lavoro di «svuotamento» di noi stessi. Uno svuotamento essenziale e necessario che ha come scopo principale quello di consentirci di liberarci dai condizionamenti e dagli automatismi che, allo stato attuale, esercitano un monopolio totale e dispotico sui nostri pensieri, le nostre emozioni e azioni, impedendoci di conseguenza di vedere ciò che siamo realmente nella nostra interiorità.
Come per le opere di Michelangelo, che intendeva l'arte della scultura come quella che «... si fa per forza di levare...», il punto di partenza di questo metodo è l'evidenza secondo cui la forma più perfetta dimora già nel blocco di marmo grezzo.
Il nostro compito è semplicemente quello di togliere con lo scalpello da scultore ciò che è superfluo, così da lasciar uscire e «liberare» ciò che esiste da sempre in noi: noi stessi.
Semplicemente, e null'altro che, noi stessi.
Compito, questo, semplice a parole; difficile, eroico - eppure pieno di soddisfazioni indescrivibili -, nel momento in cui prendiamo la decisione di metterci sinceramente all'opera.