Un baba, un sadhu, è un uomo che ha rinunciato: la sua città è la giungla, il suo tetto è una grotta, il suo letto la terra, la sua acqua quella del fiume, il suo cibo le offerte spontanee.
Baba Cesare - l'asceta italiano protagonista di questo libro -, dopo essersi ribellato a un'esistenza ordinaria, si è avvicinato al mondo dei sadhu indiani.
A piedi nudi sulla terra è un percorso di ricerca visto dal di dentro, con gli occhi di qualcuno che ci si è messo in gioco non per una settimana, un mese o un anno, ma per una vita. E, anche se la sua strada è stata paurosamente tortuosa, Baba Cesare ha veramente cercato.
Passo dopo passo è entrato a far parte di una ricerca arcaica, che porta alla grotta. Ma poiché la sua strada è partita dalle nostre città, le sue parole riescono a fare da ponte fra me e quel modo di vivere che d'istinto mi attraeva, ma mi sembrava irraggiungibilmente lontano.
È una ricerca che va contro-corrente: mentre tutto il mondo è mosso dal desiderio del «sempre di più», i baba cercano di avere sempre di meno, invece di buttarsi nell'oceano della complessità, risalgono come pesci il fiume della vita per tornare alla fonte, all'Uno.
Tornano a verità che non sono antiche, ma eterne, e che d'improvviso, quando ne senti il bisogno, ridiventano completamente attuali.
Folco Terzani
A piedi nudi sulla terra
Quando ero un bambino di nove anni i miei genitori mi portarono in India.
Nonostante vivessimo da sempre in Asia non ero preparato a questo Paese, e in particolare ai lebbrosi per le strade e alla povertà, che mi turbava. Volevo andarmene subito.
L'ultimo giorno, però, arrivando su una grande piazza, vidi tre uomini magri accucciati per terra, con l'aria serena, composta. Uno di loro teneva in mano uno strumento musicale semplicissimo, con una sola corda.
Erano quasi nudi, con delle lunghe barbe e i capelli incolti avvolti sopra la testa come delle corone. Possedevano meno dei mendicanti, ma parevano dei re. « Chi sono quelli?! » chiesi, subito colpito.
Ci avvicinammo, mio babbo fece alcune domande in giro e scoprimmo che i tre erano dei « baba », degli asceti. Abitavano in una grotta nella giungla ed erano lì solo di passaggio.
Ho ancora la foto che mia mamma scattò di quell'incontro. Ho la faccia turbata: «Ma esistono ancora al giorno d'oggi persone che vivono da sole nella giungla, senza niente? » Non me li sarei più scordati.
(...) Molti sono stati i giovani che in quegli anni sono partiti per l'Oriente misterioso, per l'India, in cerca di una vera spiritualità. Quasi tutti hanno fatto esperienze indimenticabili, poi sono tornati a casa, qualcuno rinato, qualcuno disfatto, qualcuno uguale, e si sono adattati a un lavoro come l'offriva la società da cui erano scappati; alcuni hanno addirittura fondato le più grandi aziende multinazionali di oggi e hanno fatto fortuna.
Questa invece è la vita di uno che non è tornato. E allora eccovi la strana e terribile e illuminante storia di Baba Cesare, cose come lui stesso me l'ha raccontata.
Dalla Premessa, Folco Terzani, Orsigna, gennaio 2024
L'incontro tra Folco Terzani e Baba Cesare dà vita a un libro unico - romanzo di avventure, viaggio spirituale, inchiesta su un mondo svelato nel suo fascino controverso, dialogo sul senso ultimo della vita -, le cui pagine possono essere lette come un imprevedibile mémoire, un postumo romanzo di formazione e insieme come un testo sapienziale dal passo umile ma rivoluzionario, in grado di cambiare il nostro modo di camminare per le strade del mondo.